Quel che resta del monolito di Murten

/ 24.06.2019
di Oliver Scharpf

Molti ricorderanno ancora il monolito arrugginito sul lago di Morat. Memorabile cubo galleggiante di trentaquattro metri per lato che ha forse sorpassato, nell’immaginario collettivo, la precedente associazione mentale di Murten a una battaglia. La battaglia di Murten del 1476, la cui rappresentazione in formato panorama era tra l’altro proprio il contenuto e il motivo dell’opera ideata dal controverso archistar francese Jean Nouvel in occasione di Expo 02. Effimero in partenza, come tutto il resto dell’esposizione nazionale lacustre svolta tra maggio e ottobre 2002 anche a Bienne, Neuchâtel, Yverdon-les-Bains, alcuni abitanti di Morat avrebbero voluto che rimanesse lì per sempre. In barba al concetto base espresso a suo tempo dalla discussa direttrice Nelly Wenger: «per costruire memoria bisogna che l’oggetto sparisca».

Come Véronique Müller, cantante di fama locale il cui quarto d’ora di celebrità è stato all’Eurosong 1972 e che per il monolito ha avuto un colpo di fulmine, battendosi fino all’ultimo per conservarlo come luogo di esposizione raggiungibile solo in barca. Smontato nella primavera del 2003, tonnellate di lamiera d’acciaio arrugginito le compra Peter Lüdi, titolare di una piccola ditta metallurgica che si è cimentato a riciclarla in cornici, portachiavi, minimonoliti-souvenir. Uno enorme dovrebbe trovarsi al minigolf di Murten. Mentre è rimasta una delle sette cabanes-palaffitte arrugginite ideate sempre da Jean Nouvel per la mostra parallalela Un angelo passa. Queste vestigia sono la ragione del mio viaggio, oltre, si sa, a quella cantata da De André in Khorakhané (1996): «viaggiare».

Murten/Morat c’è scritto sul cartello blu della stazione per sottolineare la bilinguità di questo comune del Canton Friborgo vicinissimo al confine con il Vaud e il Canton Berna. Vado diretto al lago, evitando di passare nel cuore della graziosa cittadina medievale molto amata come meta di gite della terza età. E a metà pomeriggio di una splendida giornata d’inizio estate, mentre alcuni sono impegnati sul lago in quel regressivo passatempo incomprensibile noto come stand up paddle, altri passeggiano, bevono birra, mangiano gelati, al minigolf scopro quel che resta del monolito di Murten/Morat (431 m). Il minimonolito non passa inosservato ed è utilizzato come ripostiglio.

Mi devo accontentare di un caffè dal distributore automatico ma in compenso il bar del minigolf è una miniera: scovo altre vestigia del monolito di Jean Nouvel. Autore recentemente del Museo nazionale di Doha che riprende in scala gigante una rosa del deserto, giunto alla ribalta nel 1993 mettendo un semicilindro di vetro in testa all’ottocentesca Opera di Lione, e noto in Svizzera per il KKL di Lucerna inaugurato nel 1998 dalla bacchetta di Abbado. La buca numero otto è un micromonolito con una fessura per la pallina alla base e in cima un fiore d’acciaio. Il bancone e gli sgabelli sono pure opera di Lüdi, «morto tre o quattro anni fa» mi dice il gestore che si siede a bere una birretta con un trio di aficionados. Uno dei quali mi rivela la collocazione di un altro monolito in miniatura, nel prato del golf club Payerne. Una nonna esausta dal minigolf si siede con la nipotina gasata al tavolo accanto. Scartano un cornetto gelato. Gironzolando, in un angolo trovo una strana scultura-trofeo con due palme sempre ottenuta con il materiale del monolito; forata c’è una scritta per i quarant’anni di qualcuno: «Alles Liebe wünscht dir die Monolith-Crew». All’orizzonte, sul lago quieto, solo qualche barca. A un certo punto della telenovela monolito, un imprenditore voleva ormeggiarlo al largo di Hergiswil, sul lago dei Quattro Cantoni.

Ma più che i milioni necessari per l’impresa, sono stati i pareri non entusiasti degli abitanti di Hergiswil a far naufragare il progetto. Mentre sei delle sette capanne lacustri di Expo 02 si trovano ora nel parco del castello di Wartegg sul lago di Costanza, in un giardino dell’Appenzello, Biel, Bümplitz, Magglingen, Zollikerberg. L’unica rimasta al suo posto è quella che si vede ora laggiù, prima dei canneti, nel comune di Muntelier. Utilizzata per delle mostre o affittabile per non so cosa, assomiglia tanto a una bucalettere americana gigante. Sbarazzatasi del monolito, Morat non ne vuole sapere del panorama della sua battaglia dipinta dal pittore tedesco Louis Braun (1836-1916), ingombrante dipinto del 1893 ritornato ad ammuffire in un magazzino.

Camminando, in giro scovo altri resti del monolito: aiuole per orti, casette per uccellini, inutili sagome di locomotive a vapore. Per creare un residuo sottile di vera memoria avrebbero dovuto magari affondarlo a regola d’arte – sottraendolo così a questo cannibalismo nostalgico – facendone solo affiorare uno spigolo come un relitto. Su una panchina divoro infine una meritoria fetta di torta alla crema della pasticceria Aebersold. Il colore caramellato della sua superficie si riannoda al paesaggio: lo associo alle facciate burrose in pietra gialla di Neuchâtel. Due nonni, seduti sul muretto in riva al lago con i due nipotini, per spaccare il pane secco da dare ai cigni, usano due martelli.