Quando le statistiche non bastano...

/ 14.08.2017
di Angelo Rossi

Nel 2002, il tasso di disoccupazione in Ticino era pari al 3,5%. Durante i primi sei mesi di quest’anno, il tasso di disoccupazione è stato del 3,5%. Nel corso dello stesso periodo i salari reali (ossia ottenuti tenendo conto dell’aumento dei prezzi) sono aumentati del 5%. Non si tratta di un gran che, ma è sempre un aumento. Gli occupati nell’economia cantonale, secondo le stime trimestrali, sono cresciuti, nel corso dello stesso periodo di circa 79’000 unità. I frontalieri sono aumentati di 29’000 unità, ossia dell’85%.

Se le statistiche concernenti gli occupati e i frontalieri fossero congruenti, questo significherebbe che l’occupazione dei residenti è aumentata di 50’000 unità, ossia del 42%. Purtroppo questa congruenza non esiste e quindi su questo aumento c’è da porre un punto di interrogazione. È molto probabile che l’occupazione dei residenti non sia cresciuta che in proporzione alla popolazione residente, ossia del 12%. Si tratta comunque sempre di una crescita. Sempre nel corso di questo periodo è cresciuta, purtroppo per chi cerca un lavoro a tempo pieno, la quota dei lavoratori a tempo parziale (calcolata solo sugli occupati residenti nel cantone) e cioè dal 21 al 32%.

Questi sono i dati più importanti riguardanti l’evoluzione del mercato del lavoro ticinese nel periodo della libera circolazione della manodopera. Agli stessi possiamo aggiungere che, a partire dal 2011, ossia da quando il franco è stato fortemente rivalutato rispetto all’euro, il prodotto interno lordo dell’economia ticinese cresce più rapidamente di quello dell’economia nazionale. Il bilancio degli effetti economici della libera circolazione è dunque fatto più di aspetti positivi che di aspetti negativi o problematici, anche se resta qualche perplessità sulla congruenza delle statistiche sull’occupazione. Stando a uno studio, appena pubblicato dalla Seco, questo vale anche a livello nazionale. La Seco insiste soprattutto sul tasso di crescita del Pil che ha ritrovato valori positivi e superiori a quelli dell’ultima decade dello scorso secolo. E questo nonostante la recessione marcata del 2008. Per le statistiche la libera circolazione della manodopera è da considerare come un fatto positivo. 

La maggioranza della popolazione residente in Ticino, il suo governo e il suo Gran Consiglio reputano invece, pensiamo in buona fede, che nel bilancio degli effetti della libera circolazione gli aspetti negativi sopravanzano. Perché? Gli statistici ci spiegano che quando le persone che giudicano di una data situazione possiedono informazioni personali – per esempio, nel nostro caso, conoscono un disoccupato o una disoccupata – sono portate a dare maggiore importanza a questo tipo di informazione che ai valori prodotti dalle statistiche. Potrete illustrare loro l’evoluzione in corso con cento altri indicatori. Resteranno ferme nella loro opinione che la libera circolazione della manodopera produce soprattutto effetti negativi. Non è un problema di quantità di informazione. Né si tratta di un problema di educazione o di comprensione. Anche persone con livelli di formazione superiori possono diventare vittime di questo tipo di illusione statistica che consiste nel derivare regole generali da un caso particolare e di rifiutare di accettare che il generale valga anche per il particolare. 

Purtroppo però non è che queste illusioni statistiche restino senza conseguenze. In Ticino, per esempio, esse hanno portato alla discussione, se non ancora alla messa in opera, di un intero programma di misure inteso ad assicurare l’occupazione alle persone di nazionalità svizzera. Le esperienze fatte nel passato ci dicono che misure di questo tipo o finiscono per restare senza applicazione o, se riescono a venir applicate, possono portare a colli di bottiglia importanti nell’assunzione di lavoratori nei rami nei quali, fin qui, si faceva largamente ricorso alla manodopera straniera. Un altro effetto quasi immediato di misure restrittive all’assunzione di stranieri sarà quello di far aumentare il salario, specie nei rami in cui la quota di stranieri è sempre stata elevata. Si tratta di solito di rami nei quali la produttività è inferiore alla media, ragione per cui, con il tempo, la capacità concorrenziale delle aziende si eroderà e quindi è probabile che le stesse cercheranno di spostare la loro sede in regioni a salari meno elevati. Di conseguenza, misure di limitazione e controllo delle assunzioni di manodopera straniera dovrebbero portare in un primo tempo al miglioramento della situazione dei lavoratori di nazionalità svizzera ma, a lungo termine, a un drastico ridimensionamento del mercato del lavoro ticinese.

Purtroppo, nel lungo termine, come affermava Keynes, saremo tutti morti e quindi allora non ci gioverà molto venire a sapere che avevamo ragione. Purtroppo dobbiamo allargare le braccia e darci per vinti: le statistiche non bastano a convincere i più che il bilancio della libera circolazione dei lavoratori è positivo.