Con un gruppo di compagni e compagne della Scuola Cantonale di Commercio, che festeggiavano gli ottanta anni, ho avuto l’occasione di visitare di recente il nuovo edificio di Supsi e Usi a Viganello. Siamo stati gentilmente accolti dal direttore Franco Gervasoni e abbiamo avuto l’occasione di essere introdotti nelle attività di ricerca del Dipartimento delle tecnologie innovative da parte del prof. Andrea Salvadè. Se le relazioni dei due ospitanti sono state accolte con molta simpatia da parte dei convenuti, non da ultimo perché una parte di loro dell’esperienza universitaria ticinese, e del divenire della Supsi in particolare, non sapeva nulla, la visita dell’edificio in via di completamento ha destato reazioni diverse penso soprattutto per via della sua dimensione.
Non so se in Ticino esista un altro edificio scolastico di questa portata e anche negli altri Cantoni, con l’eccezione forse dei nuovi campi dell’università e del politecnico di Zurigo e del politecnico di Losanna, gli edifici così grandi devono essere rari. Io, poi, che ho avuto il piacere di essere il primo direttore della Supsi e, venti anni fa, ambivo a riunire tutti i dipartimenti e gli istituti di quella scuola in una sola localizzazione, sono restato abbastanza sbalordito nell’apprendere che quel demonio di edificio ospiterà per finire solo pochi programmi di insegnamento e solo una parte del personale della Supsi. Qualcuno mi suggeriva addirittura che nonostante le sue dimensioni il nuovo campus di Viganello poteva essere già considerato come appena sufficiente per i bisogni per i quali è stato costruito.
Il problema naturalmente è dato dal fatto che, nei loro primi due decenni di vita, Supsi e Usi sono cresciute ad un ritmo molto sostenuto che, penso, vada molto al di là di qualsiasi aspettativa formulata prima della loro creazione. La Supsi, per esempio, ha visto nel corso degli ultimi dieci anni, aumentare del 70-80% il numero degli studenti di bachelor e quello degli studenti di master. Questo significa che le iscrizioni alla Supsi aumentano annualmente di circa il 5%, un tasso che molto superiore a quello con il quale cresce la popolazione studentesca ticinese. Dovesse continuare a crescere a questo ritmo, tra dieci anni la Supsi si ritroverebbe con quasi 10’000 studenti. E con una richiesta di superfici per l’insegnamento e per la ricerca che difficilmente potrebbe essere esaudita nelle zone urbane del nostro Cantone. Non sorprenderà quindi apprendere che la questa università ha incluso la valorizzazione dei campus esistenti e di quelli nuovi (Viganello e Mendrisio) tra i cinque orientamenti strategici di fondo della sua strategia. È tuttavia probabile che il ritmo di crescita della popolazione studentesca della Supsi (e anche quello degli studenti dell’Usi) tenda, in futuro, a diminuire. Non dimentichiamoci che il pubblico potenziale di studenti di queste scuole è formato, in primis, dai giovani e dalle giovani residenti in Ticino delle classi di età tra i 20 e i 29 anni. Se guardiamo le statistiche ci accorgiamo che questo potenziale è pari a circa 10’700 persone e, nel tempo, non tende ad aumentare.
Tenuto conto di questi dati di base è facile prevedere che la popolazione studentesca di Supsi e Usi stia avvicinandosi al livello di saturazione. Questo significa che il numero degli studenti di queste università, in futuro, non potrà crescere che per l’afflusso di studenti da fuori Cantone, dal resto della Svizzera come dal resto del mondo. Questa evoluzione non si riscontra solo in Ticino, ma anche nelle altre regioni di reclutamento delle Scuole universitarie professionali svizzere. Di conseguenza, già da qualche anno, è nata la concorrenza tra le singole sedi – particolarmente a livello di formazione di bachelor. La Supsi, per il momento, è protetta da questa concorrenza perché privilegia ancora l’italiano come lingua di insegnamento. Laddove però, per i motivi più diversi, la lingua di insegnamento dovesse diventare l’inglese, la concorrenza con le Scuole universitarie di oltre S. Gottardo diventerebbe inevitabile.
Ricordiamo da ultimo che le nostre università potranno sempre risolvere eventuali colli di bottiglia logistici aumentando la quota dell’insegnamento dato per internet.