Quando la politica interpella l’etica

/ 09.05.2022
di Lina Bertola

Mi è capitato spesso di far notare ai miei studenti che nella storia della filosofia la definizione del pensiero politico è sempre stata associata a un’altra parola, a un altro concetto, da anteporre al termine politico. Quale sarà questa parola, chiedevo loro. La risposta era sempre un silenzio assordante, accompagnato da sguardi perplessi per una domanda così strana. Quando poi svelavo l’arcano e nominavo il pensiero etico-politico, le reazioni erano molto spesso del tipo: ma che cosa c’entra l’etica con la politica? Penso che questa loro ricorrente domanda debba farci riflettere sulla diffusa percezione di una politica priva di rimandi all’etica.

Certo, la storia della filosofia mostrava loro questo legame. Hobbes non avrebbe potuto proporre il suo Leviatano, lo stato forte e assoluto, se non l’avesse fondato su ragioni etiche, su una riflessione sui valori necessari per una convivenza pacifica a partire da una visione della natura umana piuttosto cruenta, così ben immortalata nell’homo homini lupus. Anche Locke, per capovolgere questa prospettiva, si affida a una riflessione etica, a una visione più serena della natura umana, e a nuovi valori della convivenza, che vanno a nutrire la sua celebre lettera sulla tolleranza del 1689.

Non so se questi e molti altri esempi storici abbiano convinto gli studenti. Ho avuto spesso la sensazione che nonostante le conoscenze acquisite, guardando al loro presente, l’immagine della politica non ne uscisse molto arricchita. Una simile visione disincantata della politica si accompagna spesso alla percezione della fragilità delle nostre democrazie.

Ci sono tuttavia situazioni in cui il rapporto tra etica e politica emerge in modo potente. Mi riferisco, ad esempio, all’imminente votazione sulla modifica della legge sui trapianti che vuole introdurre il modello del consenso presunto nella donazione di organi. Non entro nel merito del tema in votazione, molto dibattuto in queste settimane. Mi limito a osservare che la politica ci pone di fronte a una scelta che ci interpella in prima persona sui valori, o meglio sulla radice stessa di ogni valore che abita le nostre coscienze. Ci interpella sull’intimo sentimento del vivere e del morire, sulla percezione del corpo, e sull’autentico significato del donare.

Ecco che allora proprio dalla politica nasce la domanda etica: una domanda che può aiutare ad orientarci, come una bussola un po’ speciale, discreta, che non vuole indicare alcuna meta ma semplicemente accompagnarci nell’esplorare il nostro paesaggio interiore. A cominciare dal sentire ambivalente con cui percepiamo il nostro abitare il corpo. Abbiamo un corpo ma nello stesso tempo siamo un corpo. L’immagine del corpo macchina descritta da Cartesio ha portato fin dentro la nostra pelle la progressiva oggettivazione del mondo. Abbiamo un corpo, qualcosa di prezioso cui prestare attenzione, una presenza di cui è necessario prendersi cura per cercare di star bene al mondo. D’altra parte, però, siamo il nostro corpo: il corpo è il teatro delle nostre emozioni, di sofferenze e gioie, è un linguaggio forte e intenso che racconta la nostra esperienza e la nostra identità.

Come coniugare in modo armonioso queste due presenze, quella dell’essere e quella dell’avere? Credo sia questa la domanda che apre il nostro cammino interiore alla questione fondamentale, ovvero al senso del donare. Anche qui la domanda etica ci suggerisce di esplorare le nostre ambivalenze. Il donare è pura gratuità, un sentimento difficile da coniugare con la logica dominante del calcolo utilitaristico con cui siamo spesso chiamati a giustificare le nostre scelte.

Perché dono? Perché potrebbe succedere anche a me? Qui l’appartenenza all’umanità, che ispira il legame donativo, appare piuttosto uno specchio narcisistico, figlio dell’individualismo utilitaristico. Lo spirito del dono, ribadisco, è pura gratuità, devo perché devo, pura finalità, radice autentica del legame. Credo sia davvero importante educarci allo spirito del dono, riuscire a percepirlo nella sua essenza, per resistere a queste ambivalenze che sporcano le nostre scelte.

È importante riuscire ad assumere una modalità dell’esistenza che sappia davvero riconoscere e coltivare la gratuità. Solo così la scelta di donare può iscriversi nella ripetizione di quel donare la vita che la rinnova a ogni nascita. Un gesto che apre al valore cosmico dell’esistenza, oltre i confini del mio corpo e del mio tempo.

Una vera priorità etica, sollecitata oggi da una scelta politica.