Anche quest’anno, secondo il detto popolare, l’Epifania tutte le feste si è portata via. Senza peraltro molte lagnanze, almeno da questa parte dello spartiacque alpino, visto che i migliori propositi come le tavolate più numerose sono stati spazzati via per il secondo anno dall’Innominabile ospite. Costretto allora dall’isolamento, il vostro Altropologo preferito (e vaccinato) ha avuto modo di riflettere sullo strano destino storico della mitologia popolare che si addensa attorno al periodo natalizio.
Si vuole che la Befana sia un’italianissima invenzione, ed in effetti non sembrerebbe oggi esservene controparte nel panorama pur ampio e variegato del folklore europeo. Al punto che il filosovranismo oggi rientrante dalla finestra dopo essere stato espulso dalla porta assieme alle politiche culturali del Ventennio vorrebbe promuoverla in alternativa al globalizzante Babbo Natale o Santa Klaus che dir si voglia. E invece proprio così non è. Dietro la Befana si nasconde un universo denso di riferimenti antichi, multiculturali e trasversali a molte culture europee. Una galassia dal nucleo denso che solo nelle periferie dei suoi esiti contemporanei si lascia dipanare – è proprio – il caso di dire, come vedremo, in trame ed orditi in qualche modo comprensibili. Il nome Befana è la combinazione di Berchta ed Epifania. Nel folklore austriaco, e specie nel salisburghese, le Berchten/Perchten sono le maschere invernali che sfilano in periodo di Carnevale divise fra Schiache – (Brutte) e Schöne – (Belle) Perchten. Secondo la credenza, corrispondono agli spiriti negativi e positivi che, emersi dagli inferi, sono liberi di scorrazzare sulla terra nei Dodici Giorni/Notti che intercorrono fra il Natale e l’Epifania. Sono questi giorni carichi di incertezze e preoccupazioni per un anno che finisce ed uno che incomincia. I giochi di società ad azzardo, ovvero con posta in palio, come il Mercante in Fiera o la Tombola, sono quanto rimane delle pratiche divinatorie ed oracolari dell’antichità. Con il cristianesimo, i Dodici Giorni diventano, nel folklore germanico e slavo, i «giorni non battezzati» che precedono la circoncisione del Bambino, il suo riconoscimento da parte di Zaccaria in quanto Messia e dunque l’inizio dell’opera di salvezza. Fino ad allora, appunto, le sorti sono incerte, il tempo è sospeso. Ed ecco allora che la processione di questua delle maschere di maso in maso – così come succede ancora in certe vallate del Südtirol/Alto Adige – ricorda la necessità di ingraziarsi gli spiriti onde garantirsi il loro aiuto nell’anno entrante.
Nel folklore degli antichi popoli Germanici, Berchta (o Perchta) era invece la divinità della Luce e l’eroina culturale che aveva insegnato alle donne le arti dell’economia domestica e, soprattutto, la arti della filatura. Nelle valli dolomitiche più remote, proprio dalle parti dove potreste imbattervi pure nell’Altropologo che colà vive, la notte dell’Epifania si lasciano ancora offerte nella forma di un enorme tortello ripieno del sangue di una gallina nera uccisa per sgozzamento e non nella maniera usuale – e dunque secondo procedure sacrificali. A Laste di Rocca Pietore, sotto la Marmolada, la mia amica Lina lascia ancora il Casunziel de la Donacia accanto al focolare dove verrà raccolto nel cuore della notte dalla dea intenta ad ispezionare le case per distribuire premi alle donne che avranno finito di filare lana, canapa e lino dell’anno trascorso – e punizioni alle reprobe. Conosciuta in tutta la regione con una varietà di appellativi che ne attestano le complesse vicissitudini nel grande calderone delle culture popolari europee – prestiti, trasmigrazioni, assimilazioni indebite, fraintendimenti, aggiunte ed oblii di ogni tempo e paese – l’antica Berchta approda nel folklore italiano nelle vesti sbrindellate della strega a cavallo della scopa.
Se però andate a cercare la voce «Berchta» nel magma incandescente (e spesso indecente) che è l’Infernet, vi verrà raccontata tutt’altra storia. Ovvero una leggendina un po’ piagnosa e sdolcinata che narra di una povera vecchia offrire una conocchia di filo all’Imperatrice Berta ed ottenerne in cambio un premio. Ma non lasciatevi ingannare: se continuate a scavare scoprirete che ce n’è un’altra versione, poi una terza e un’altra ancora. E cammina cammina, se avrete ben seguito le direzioni dell’Altropologo, arriverete a quella casetta laggiù, in fondo al bosco, inondata di luce e musica sublime dove troverete Lei: l’Unica, Vera, Giovane e Bellissima Berta – la Nonna della Befana.