Quando Berlusconi ci entrava in casa

/ 19.06.2023
di Carlo Silini

Lasciamo ad altri una valutazione complessiva su Silvio Berlusconi (si legga l’autorevole analisi di Aldo Cazzullo a pag. 19). Parliamo, invece, di qualcosa che non c’entra con le convinzioni politiche o le sensibilità etiche.

Chi è cresciuto «con» lui, assistendo per venti-trent’anni alle sue imprese e/o disavventure, potrebbe aver trascorso la settimana sprofondato nei ricordi della propria privata giovinezza. Perché il Cavaliere non è stato solo un «importante politico» al di là della ramina, tipo Andreotti, per dire, che fu un indiscusso peso massimo della storia repubblicana italiana ma, al netto dell’attenzione per i fatti politici, risultava così sideralmente distante dai comuni mortali, che era quasi impossibile sentirlo «parte di noi».

Ovvio che abbiamo seguito con attenzione e a volte con indignazione le vicende berlusconiane nella cosa pubblica e la sua spettacolare parabola politica che ha riempito – nel bene e nel male – le cronache internazionali dal 1994, quando decise di «scendere in campo» con Forza Italia. Il suo progetto di nuova destra, l’anticonformismo e le spacconate hanno diviso gli animi anche da noi che, nel frattempo, in un’altra fettina di mondo, votavamo o non votavamo per altre realtà partitico-politiche. Il suo carisma e la sua (mancata) rivoluzione liberale nella penisola hanno comunque ispirato qualche onorevole e rispettivamente qualche votante del Cantone.

Aggiungiamo la macumba delle simpatie sportive di numerosi ticinesi «rossoneri» affezionati alle vittorie del Grande Milan e dei suoi mostri pallonari, Van Basten, Gullit, Sheva e Kakà, l’Olimpo calcistico messo in campo dalla potentissima volitività e dai milioni dal Cavaliere.

Il Berlusconi che ci riguarda tutti al di là delle fedi politiche e sportive, però era già arrivato prima, quando ci ha arruolato nel suo regno senza che ce ne accorgessimo, in veste di patron delle emittenti private della Pianura padana. Ma captate, guardate e interiorizzate anche da una buona parte del popolo televisivo da Ponte Chiasso in su fin dagli anni Ottanta. Grazie ai suoi programmi-tormentone, tutte le sere per decenni è entrato pure nei nostri salotti intrattenendoci col suo sfavillante Barnum di nani e ballerine (più qualche pittoresco professore). Un Paese dei Balocchi per una regione – la nostra – abituata a una tv elveticamente più seria, affidabile e compassata. L’ha fatto con chiassosa allegria e robustissimo marketing. È lì che ci ha fregato.

Ogni volta che sullo schermo apparivano Carmen Russo o Lory del Santo, che Greggio o Boldi ci sommergevano di comicità trash, che Mike Buongiorno bistrattava un’assistente, Maurizio Costanzo radunava vip sui sedili o partiva il TG5 «a macchinetta» di Mentana, era Berlusconi – in realtà – che entrava nelle case dando forma a un mondo dei sogni primario e eccessivo, dominato dal sorriso a 32 denti del successo, dalle gag e dagli ormoni.

Quello che è venuto dopo – il «ventennio» dei trionfi forzisti, gli scivoloni giudiziari, il bunga bunga, le resurrezioni politiche – forse sono state solo repliche fuori contesto della Corte dorata che imperversava nei nostri salotti più di trent’anni fa.