Pensavamo di essere invincibili. Pensavamo che l’intelligenza tecnologica ci avrebbe offerto un futuro on demand, su misura per ognuno di noi. Ci siamo sentiti quasi eterni e così onnipotenti nella nostra mobilità e nella nostra ubiquità. Nulla poteva fermarci. Non ci hanno fermato le giovani folle che si sono mobilitate per salvare il clima e l’ambiente dal collasso. Non ci ha fermati la nostra coscienza che, nel frenetico trambusto quotidiano, aveva timidamente fatto capolino implorandoci di pensare ai nostri figli. Non ci hanno fermato gli incendi che hanno martoriato l’Australia o il saccheggio della Foresta Amazzonica. Il mondo brucia – ci ripete allo sfinimento la saggia e giovane Greta da più di un anno – ma noi niente. Ci è voluta la paura di perdere i nostri cari o le nostre stesse vite per fermarci.
La consapevolezza di essere nulla di fronte a questa emergenza sanitaria se non un numero quando è finita. Abbiamo scoperto i benefici del telelavoro e dello smart working, abbiamo visto che sono calati smog e inquinamento. Nelle città deserte sono tornati gli animali, lepri e volpi sono state avvistate nei giardini pubblici e nei parchi. Mors tua vita mea. Non solo, pensate che la gente è tornata a leggere i giornali. Un’amica mi raccontava che in Italia, se la mattina non ti affretti, nelle edicole terminano le copie dei quotidiani. Leggevo che in Trentino Alto Adige è aumentata la diffusione dei giornali (grazie allo spirito di servizio dei giornalisti e agli edicolanti aperti). L’acquisto del giornale è una delle poche occasioni consentite per uscire di casa ed è finalmente percepito come un indispensabile strumento informativo.
Ma c’è anche l’altra faccia della medaglia. A fronte del crollo pubblicitario e di interi calendari culturali annullati, alcune testate hanno interrotto l’edizione cartacea e pubblicano solo online. In Inghilterra lo fa il quotidiano gratuito londinese «City AM», negli Stati Uniti diverse testate locali come «The Chico News & Review» che in meno di una settimana ha perso il cinquanta per cento delle entrate pubblicitarie. Stessa decisione, anche se solo temporanea, per «L’Osservatore romano» in Italia che in una nota dice: «Nella lunga storia del quotidiano vaticano, che data dal 1861 e ha dunque più di un secolo e mezzo, era successo soltanto una volta che il giornale non fosse stampato: ma quello era il 20 settembre del 1870 subito dopo la breccia di Porta Pia e la presa di Roma, con la fine dello Stato Pontificio e del potere temporale del Papa».
Nella sua profezia sull’ultima copia del «New York Times» acquistata nel 2043 Philip Meyer non aveva sicuramente previsto gli effetti da Covid-19. Rimane il fatto che per le testate locali – come titolava il «Guardian» nella sua edizione americana qualche giorno fa – è un duro momento «Avevamo i giorni contati: il Coronavirus potrebbe dare l’ultimo colpo di coda alle testate locali». Intanto cresce il traffico online per i siti di informazione, negli Stati Uniti si registra un più 50 per cento di pagine visitate. Ora speriamo che internet – la nostra finestra sul mondo – resista e non ci abbandoni o la nostra fragilità umana sarà ancora più esposta, più palpabile. Sarebbe uno shut down completo e uno schiaffo sonoro all’identità dell’uomo moderno. Sarebbe il buio più nero.
E a questo proposito mi è venuta in mente la storia del critico letterario tedesco Marcel Reich-Ranicki che nei momenti più bui della vita ha trovato la sua ragione di vita nei libri. Nato in Polonia a Wloclawek nel 1920, cresciuto in una famiglia di umile condizione, è cresciuto leggendo ciò che la biblioteca di casa gli offriva: Emilio e i detectives di Erich Kästner, I demoni di Dostojevski, le ballate di Schiller e poi ancora Balzac, Stendhal, Flaubert e Shakespeare. Proprio come gli insegnò il suo professore Reinhold Knick, il giovane Marcel imparò presto che senza letteratura, musica, arte e teatro la vita non ha senso. Quando i nazisti lo confineranno nel Ghetto di Varsavia leggerà Momenti fatali di Stefan Zweig e La farmacia domestica lirica del dottor Kästner, un breviario di salvezza per l’individuo solo e travagliato. Nei giorni di prigionia in Polonia troverà grande conforto nel libro di Anna Seghers La settima croce.
I libri sono stati la salvezza per Marcel Reich-Ranicki, unico sopravvissuto della sua famiglia alle deportazioni. Quale sarà invece la nostra salvezza, cari lettori? Pensiamoci bene in questi giorni di surreale esistenza perché la pandemia è solo una faccia della medaglia.