Quale anima prevarrà fra i Dem?

/ 29.06.2020
di Paola Peduzzi

Joe Biden, candidato democratico alle presidenziali, ha superato Donald Trump nei sondaggi, in alcune rilevazioni con un distacco considerevole – e il presidente è molto nervoso. Barack Obama, ex presidente democratico molto amato, interviene sempre più nella campagna di Biden: i due hanno fatto insieme un evento di fundraising, la settimana scorsa, sempre virtuale ché soltanto Trump vuole gli assembramenti pericolosi, e con 175 mila ospiti sono stati raccolti 7,6 milioni di dollari.

Molti si ostinano a fare i paragoni con il 2016, come se quello fosse stato un anno in cui le previsioni erano azzeccate, e dicono che le condizioni oggi sono molto diverse per i democratici rispetto ad allora, perché l’unità del partito è più evidente, più sentita e quindi più utile alla causa dell’anti trumpismo. A livello nazionale è vero: Obama ha tracciato in un suo discorso molto citato le linee di convergenza tra le due anime del Partito democratico, quella moderata di Biden e quella radicale dello sconfitto (alle primarie) Bernie Sanders. Ha detto anche – cosa ancora più citata – che se lui fosse candidato oggi non cercherebbe di ricostruire la coalizione elettorale che lo portò allora alla Casa Bianca: l’America è cambiata.

Lo stesso Sanders si è mosso in sincrono con Biden, facendo quello che si era rifiutato di fare nel 2016, cioè provare a convincere i suoi elettori a votare per Biden. Sono stati creati dei team di lavoro per la definizione del programma elettorale che comprendono esponenti delle due correnti e anche la scelta della vicepresidente – sarà una donna: entro luglio si dovrebbe sapere chi è la prescelta – viene fatta sulla base di un dialogo inedito di queste due anime.

Poi però ci sono, oltre alle presidenziali, anche le elezioni per il Congresso e lì la frattura pesa ancora. Alla base di questa divisione c’è una grande contraddizione: in questa stagione rivoluzionaria, in cui lo stato americano manda sussidi via assegno ai lavoratori per tamponare la crisi da Covid e sfodera piani di aiuto miliardari senza quasi battere ciglio, in cui le piazze si riempiono come negli anni Sessanta e Settanta per i diritti civili, l’esponente naturale dei democratici sarebbe stato Sanders. Quel che il senatore del Vermont vuole da sempre, dalla sanità per tutti alla lotta alla diseguaglianza (contro i poteri forti), è diventato prioritario nel dibattito pubblico anche per i politici cosiddetti dell’establishment, cioè più moderati.

Tutte le rilevazioni parlano di uno spostamento a sinistra dell’equilibrio del dibattito, indotto da uno scivolamento che è in corso da tempo e che si è consolidato in questo inizio 2020 tanto incerto e straordinario. A livello nazionale, Biden intercetta questa dinamica e la fa sua, aggiungendo alcune specificità della sua leadership che hanno a che fare con una dimestichezza con il dolore e le esperienze tragiche che nell’America dei morti uccisi dal Covid e uccisi dalla polizia diventa rilevante – soprattutto se paragonata con il cinismo di Trump. A livello locale – deputati, senatori, governatori – invece resta la faglia, cioè nelle primarie i candidati più radicali continuano a scontrarsi con quelli più moderati.

Accadde nel 2018, come dimostra il caso più famoso e popolare, cioè la deputata Alexandria Ocasio-Cortez, e accade ancora oggi. Sempre a New York (anche Ocasio-Cortez viene da New York) è andata in scena la settimana scorsa una contesa in questo senso esemplare: un deputato moderato con molti mandati alle spalle insidiato da un «new comer», un esordiente più radicale. Nel 16esimo distretto, che comprende il nord del Bronx e Westchester, il moderato è Eliot Engel, trent’anni di carriera alle spalle ed esponente di rilievo sulle questioni di politica estera, e il suo sfidante è l’ex preside di una scuola media, Jamaal Bowman, sostenuto da Sanders&Co e sembra che abbia avuto la meglio il secondo.

Di competizioni di questo tipo ce ne sono anche in altri stati (anche tra i repubblicani, dove sta accadendo la stessa cosa, solo che i più radicali sono cultori del complottismo di Qanon e legati all’estrema destra) e questo potrebbe portare a una trasformazione ulteriore degli equilibri al Congresso. La capacità di sintesi del Partito democratico a quel punto sarà molto rilevante perché si dovrà trovare una risposta a questo stato di ebollizione permanente in cui è entrata l’America, e poi certo: tutto dipende da chi sarà l’inquilino della Casa Bianca.