Pubblicità, la nuova guida spirituale

/ 18.09.2017
di Franco Zambelloni

Mi capita di ricevere, tra le email che piovono a cascate sempre più invadenti nella posta elettronica, messaggi esaltanti di questo tipo: «Solo per te! Un’offerta meravigliosa che non puoi assolutamente perdere!». Segue la descrizione del prodotto «eccezionale» e l’incredibile ribasso che mi viene donato. Potrei esserne lusingato: perbacco, «solo per me»! Ma, per fortuna, un ragionevole scetticismo vigila ancora: come è possibile che la fantastica offerta sia rivolta proprio a me, e a me solo, da parte di qualcuno che neppure mi conosce? Penso di poter escludere che in una lotteria abbiano estratto il mio nome; e poi, come potrebbe sopravvivere un’azienda che sforna prodotti per venderli solo a me – tanto più che probabilmente neppure li compro?

È così: il messaggio è insensato. Eppure evidentemente deve far presa su un discreto numero di potenziali acquirenti, visto che amichevoli inviti del genere si susseguono e tendono a crescere nell’ambito della comunicazione pubblicitaria. E in effetti, dietro questo dilagare della lusinga pubblicitaria, stanno meccanismi psicologici ben noti a molti studiosi che hanno indagato le forme della persuasione. È provato, ad esempio, che l’intimità e la confidenza aumentano la fiducia tra le persone: di qui, evidentemente, il dilagare del «tu» con cui il messaggio pubblicitario si rivolge al pubblico; quando il rapporto è confidenziale, è più difficile dubitare della lealtà dell’interlocutore.

Poi ci sono le immagini accattivanti – quelle che fanno leva sulle emozioni e suscitano desideri. Se un tempo, e per millenni, la capacità persuasiva era affidata alla parola, oggi è l’immagine ad esercitare un influsso dominante. Volti che parlano: compera questo prodotto e sarai felice. Corpi che parlano: compera questo abito e sarai bellissima. Smorfie che parlano: compera questo farmaco e non avrai più dolore. Ogni immagine e ogni messaggio pubblicitario sono promesse di felicità, di successo, di benessere. Come accade, allora, che la depressione dilaghi, che il disagio sociale aumenti? Il pubblicitario potrebbe forse rispondere: «Si vede che il poverino non ha comprato il prodotto giusto»; ma forse, la risposta corretta è un’altra: la crescita dei desideri crea anche un’insoddisfazione crescente, che può concorrere a provocare la tristezza. Si sa, infatti, che la logica pubblicitaria segue una linea esattamente contraria alla saggezza del passato: lo stoico Cleante suggeriva: «Vuoi essere ricco? Sii povero di desideri»; se non alimenti continuamente il desiderio, ti basta poco per sentirti appagato. Ma il consumismo inverte la rotta; facendo crescere interminabilmente i desideri rende impossibile qualsiasi soddisfazione duratura.

Questo fenomeno si vede bene in particolare tra i giovani. Due meccanismi agiscono potentemente su gran parte di loro: la spinta conformistica, che induce a seguire la moda del momento, ad uniformarsi ai compagni per non sentirsi emarginati; e, poi, la volontà di prevalere, di distinguersi, di affermare la propria individualità emergendo sugli altri. Il primo fattore fa sì che se tutto il gruppo dei compagni possiede uno smartphone, chi non ce l’ha ancora si sente inferiore ed emarginato finché non riesce a possederlo; e poi – secondo fattore – cercherà di procurarsi il modello tecnologicamente più avanzato, con qualche «app» in più, per emergere ed essere invidiato.

Così i meccanismi della persuasione, che naturalmente non agiscono solo nell’ambito della pubblicità commerciale, ma investono tutti i campi della dimensione pubblica – dalla politica ai media –, finiscono non solo per dirigere le scelte, ma anche per definire i nuovi sistemi di valore e le nuove visioni della vita di una società consumistica. Anche perché un messaggio pubblicitario, per acquistare valore, dev’essere ripetuto a non finire: e più si diffonde e lo si sente, più è accettato come vero. Come scriveva Aldous Huxley, «sessantaquattromila ripetizioni fanno la verità»; forse ne bastano anche meno. In ogni caso, a furia di essere ripetuto, il messaggio finisce per essere sempre più condiviso, fino a diventare vox populi – che, si sa, equivale a vox Dei. È dunque questa voce che viene dall’alto – o meglio, da tutte le parti – che suggerisce oggi la nuova filosofia di vita, gli imperativi del conformismo sociale, la guida spirituale di un’epoca che va perdendo sempre più le figure d’autorità e di saggezza che in passato orientavano ai valori e al significato del vivere.