L’uomo è l’animale più simile alla formica, in teoria; ma mentre la formica non è mai scontenta, l’uomo invece ha come caratteristica la scontentezza, e già quando nasce urla di disperazione perché manca di tutto, e allora si è specializzato nell’invenzione di protesi, cioè nell’inventare cose che bene o male rimedino alle sue mancanze; ad esempio il canguro ha una borsa con cui portare a spasso i suoi piccoli, l’uomo ha dovuto inventare la carrozzina, che è una specie di carriolino o barella a quattro ruote che la madre o in sua vece il presunto padre spinge davanti a sé; inoltre essendo l’uomo glabro e non avendo il grasso cutaneo come le balene o le foche per ripararsi dal freddo, si è fatto una protesi ad imitazione del piumaggio o del pelo.
L’uomo produce protesi in qualunque campo: ad esempio per correre usa congegni che chiama automobili, e si applicano direttamente sotto al sedere, fanno uno scoppiettio caratteristico e avanzano a velocità sostenuta, superiore all’elefante, che fa solo i 40 km all’ora, alla giraffa, 56, ma anche al ghepardo, 112 all’ora; anche se per avanzare queste protesi hanno bisogno di una strada asfaltata, che sarebbe una protesi estensiva supplementare. Se a un uomo cade un dente, se ne fa uno finto, che infatti è detto protesi dentaria; se perde una gamba gliene fanno una finta; se perde un occhio non c’è niente da fare. Poi l’uomo vola, con varie protesi che si chiamano aereo, elicottero, e volando può scendere lentamente dal cielo con una protesi che si chiama paracadute.
Inoltre vive parte della sua vita in una conchiglia, che però non è prodotta dalle sue ghiandole come fanno le lumache o i molluschi, ma è una protesi artificiale detta anche casa d’abitazione, o appartamento, che nessun animale sarebbe in grado di produrre con la forza delle sue ghiandole essendo spesso sovradimensionata e dotata di infissi, finestre coi vetri, mobilio, rete elettrica; tutte cose che sarebbe difficile produrre con ghiandole, per via della varietà.
Dovesse l’uomo produrre un cassettone o una poltrona, o solo una seggiola nel modo in cui si producono le unghie, dovrebbe aspettare molto, e il cassettone gli uscirebbe in età già avanzata, quando magari non gli serve più, e in tutto il periodo di produzione dovrebbe portarselo dietro come uno si porta le unghie. Non parliamo poi della casa che se dovesse portarsela dietro come la lumaca, ne avrebbe un enorme handicap, a meno di adattarsi a una vita statica in estesi condomini come fanno le colonie di corallo. Quindi l’uomo più che un bipede implume (come dice Aristotele) è un verme ingegnoso, cioè un essere enormemente difettoso che però trova sempre qualche rimedio ai propri difetti.
Alle origini l’uomo cacciava gli ungulati che avendo zoccoli non temevano spine o terreni sassosi; l’uomo a quei tempi non aveva ancora inventato le scarpe; quindi tornava affranto alla grotta; dove c’era la donna ed eventualmente dei piccoli, i quali volevano mangiare e gridavano: «Papà papà»; il papà diceva: «Tacete», e tentava ancora di prendere qualcosa, ma prendeva solo delle spine nei piedi o un dito contuso in un sasso; questa situazione è durata per decine di migliaia di anni, coi piccoli sempre più affamati che gridavano «papà», e la moglie che diceva al marito: «Tocca a te», perché secondo lei la caccia era di sua competenza visto che lei doveva allattare, pulire i più piccoli, cambiarli.
Questa epoca è stata un disastro; gli animali si sarebbero selezionati in modo da correre più forte; invece l’uomo non s’era ancora adattato alla posizione eretta; «Ho solo due gambe», rispondeva il marito alla moglie; «papà papà – gridavano i piccoli – abbiamo fame»; e così finivano per mangiare dell’insalata, delle carote, che contengono molta vitamina A, ma a quei tempi non c’era l’idea di una sana alimentazione vegetariana e tutti volevano il grasso degli animali. Finché anche in questo campo l’uomo si è fatto una protesi che ha chiamato scarpa. Inoltre ha messo sulla punta di un bastoncino un dente di lupo e lo lanciava, cioè faceva correre al suo posto la protesi chiamata poi freccia, che quando arrivava era come se morsicasse, cioè si piantava nel collo dell’ungulato come avrebbe fatto un lupo; «papà papà» gridavano i bambini contenti correndo a bere il sangue. «Grazie Peppino» diceva la moglie se il marito o il convivente si chiamava Peppino.
E l’uomo dunque se ne poteva star lì, sempre scarso nella corsa, nella forza, nella dentatura, poteva anche mettere su pancia, che con queste protesi era più veloce e mordente di tutti. E poteva starsene nell’estate illusoria della sua grotta, grazie alla protesi supplementare che si chiama fuoco, e masticare con altre protesi denominate forchetta e coltello. E se ne potrebbero nominare tante.