La rivoluzione tecnologica che caratterizza il nostro tempo mette a rischio di scomparsa molte professioni: i computer eseguono compiti amministrativi e burocratici e le banche riducono progressivamente il personale dipendente; si sviluppano progetti per rendere sempre più efficienti i robot giardinieri e quelli addetti alle pulizie domestiche; in Giappone sono già attivi dei robot-infermieri, e anche gli interventi chirurgici saranno sempre più affidati a macchine appositamente programmate. Insomma, chi lavorerà nel prossimo futuro? Quali mestieri sopravviveranno?
La notizia, apparsa di recente, che a Chiasso si procederà alla costruzione di un bordello di «alto standing» m’induce a pensare che ci sia almeno una professione che non sembra a rischio: il «mestiere più antico del mondo» avrà forse ancora un futuro. È pur vero che, quasi contemporaneamente, i quotidiani riportavano anche una notizia contrastante: una piccola organizzazione femminile ha avanzato la richiesta di introdurre un divieto della prostituzione rendendola illegale; ma altre organizzazioni – tra la quali la sezione elvetica di Terre des Femmes – si sono dette contrarie a un simile divieto. Insomma, come accade da millenni, la prostituzione crea conflitti di opinione.
È curioso come questo antichissimo mestiere abbia avuto esaltatori e detrattori in continuazione. Nell’antichità esisteva addirittura una prostituzione sacra: nei templi babilonesi, assiri, in quello greco di Corinto, si praticavano periodicamente riti sessuali allo scopo di garantire la fertilità o di celebrare le nozze tra la Terra e il Cielo: anche donne abitualmente caste si concedevano in un contesto sacro. Ad Atene, accanto alle «pornai» – le poverette che vendevano semplicemente le loro prestazioni sessuali – c’erano le «etere», donne colte e raffinate che allietavano i simposi anche con danze e musica. A Roma, soprattutto nel periodo imperiale, i bordelli proliferavano. Venivano chiamati «lupanari», perché in latino il termine “lupa”, in senso figurato, indicava appunto la donna dedita alla prostituzione: sicché, quando Mussolini ribattezzò gli Italiani «figli della lupa» non si rese conto di commettere una gaffe madornale…
Si potrebbe pensare che l’avvento del cristianesimo abbia condotto ad una drastica condanna della prostituzione, ma le cose non stanno così: già Sant’Agostino manifestava una certa indulgenza verso le prostitute perché grazie a loro era possibile evitare il peggio, cioè che uomini libidinosi abusassero di donne «oneste» (vergini, vedove o, peggio ancora, donne maritate). Non a caso nella Roma papale il numero delle donne dedite al meretricio era sovrabbondante. Nel libro I segreti di Roma Corrado Augias ha scritto: «La grande abbondanza di preti, soldati, avventurieri, pellegrini, tutti ufficialmente celibi o privi di compagnia femminile, faceva sì che le prostitute affluissero in massa da ogni dove, certe di un buon investimento». Forse Nietzsche non aveva tutti i torti quando scriveva questo aforisma: «Il cristianesimo fece bere a Eros il veleno: in realtà egli non ne morì, ma degenerò in vizio».
Altri tempi? È possibile che i rivolgimenti del secolo scorso e quelli in atto incidano anche sulla prostituzione. L’emergere del femminismo, la «liberazione sessuale» del Sessantotto hanno modificato profondamente la morale tradizionale: le inibizioni e i divieti morali che un tempo sembravano ovvi, le distinzioni fra lecito e illecito si sono illanguidite o estinte; una recentissima indagine delle Università di Zurigo e di Losanna informa che tra i giovani, in media, il primo rapporto sessuale avviene poco prima dei 17 anni. Ma risulta anche, da altre indagini, che una percentuale molto elevata di ragazzi avvia i primi contatti in rete e talvolta consuma al cellulare i primi rapporti. Insomma, anche il sesso sembra avviato a percorrere la via del virtuale (non del virtuoso!). Per fortuna, tra gli adolescenti che praticano il sesso ancora nel modo tradizionale la grande maggioranza ricorre a misure di protezione: l’educazione fornita a scuola – almeno quella sessuale – a quanto pare funziona.
Nel suo studio sugli Usi postmoderni del sesso, il sociologo Bauman sostiene che l’erotismo postmoderno, privo di lacci e catene, è certamente libero di contrarre e sciogliere qualsiasi rapporto, ma è anche facile preda di forze di mercato pronte a sfruttarne i poteri di seduzione. Se Bauman ha ragione, il futuro della prostituzione dipende allora solo dalla pubblicità.