Priorità assoluta evitare la terza ondata

/ 18.01.2021
di Peter Schiesser

Per la prima volta dall’inizio della pandemia il Consiglio federale ha agito in anticipo anziché solo reagire. Abbiamo tre settimane di vantaggio sull’Inghilterra, ha detto in sostanza Alain Berset, sappiamo che cosa ci aspetterebbe se non reagissimo: la terza ondata. E una terza ondata si ergerebbe su quell’esteso altopiano che è oggi la seconda (rivelatasi ancora più letale della prima): insostenibile, in particolare per il sistema sanitario, ma anche per la popolazione e l’economia. Agire oggi, con tutti i costi che ne derivano per l’economia e le persone, dovrebbe aiutare ad evitare danni ancora maggiori, che si avrebbero se la variante britannica del Coronavirus, fra il 50 e il 70 per cento più contagiosa delle precedenti, dovesse espandersi senza freni ed affermarsi come dominante. Già oggi, ha indicato Berset, i casi di infezione provocati dalla variante britannica raddoppiano ogni settimana.

Possiamo dire che il Consiglio federale ha imparato la lezione della seconda ondata. In precedenza era stato criticato per non essere corso ai ripari alla fine dell’estate, quando si vedeva che la curva dei contagi stava salendo in modo preoccupante (per chi sa leggere le progressioni esponenziali), e di aver sprecato tutto il mese di ottobre prima di intervenire. La consapevolezza dei danni e dei lutti che sta provocando la seconda ondata e lo scenario di una terza ondata devastante hanno infine convinto la maggioranza dei consiglieri federali ad accettare la strategia e le proposte di Alain Berset. Un certo ruolo l’avrebbe avuto anche Ignazio Cassis, secondo il «Tages Anzeiger», che ha sostenuto Berset superando il suo precedente scetticismo; in quanto medico ha certamente una credibilità maggiore all’interno del gremio su questioni sanitarie.

Facendo la tara alle critiche e alle geremiadi udite in reazione alle decisioni del Consiglio federale, si percepisce comunque anche soddisfazione e sollievo. Soddisfazione che il Consiglio federale riprenda in mano in modo deciso la situazione, sollievo per le misure di aiuto economico che vengono messe in piedi in brevissimo tempo, per un ammontare di altri miliardi di franchi, in particolare espandendo la somma destinata ai casi di rigore a 2,5 miliardi (ben sapendo che ne verranno alla fine stanziati ancora di più). L’aspettativa è ora che questi soldi vengano devoluti al più presto, forse dimenticando che ci vuole un certo tempo per trattare le 100mila richieste che Berna si aspetta. Inoltre, non illudiamoci: nonostante gli aiuti massicci, per molti settori, dalla gastronomia alla cultura, dal turismo al commercio, alla fine ci saranno lo stesso perdite importanti, contestualmente all’aumento del debito pubblico della Confederazione e dei Cantoni. Si capisce lo sconforto del ministro delle finanze Ueli Maurer, il meno incline a decretare un nuovo lockdown, consapevole che questi debiti ce li porteremo avanti per i prossimi decenni. Tuttavia, fin qui il governo e il parlamento svizzeri hanno varato più aiuti alla cittadinanza della maggior parte (se non di tutti) i paesi europei, per restare solo al nostro Continente. Non è scontato.

Resta il capitolo scuole: lasciarle aperte, richiuderle? Questa responsabilità il Consiglio federale la lascia espressamente ai Cantoni. In una presa di posizione, la Conferenza cantonale dei direttori della sanità pubblica indica che in caso di peggioramento della situazione epidemiologica le scuole secondarie dovrebbero essere chiuse, o che perlomeno si debba esaminare questa possibilità, quelle primarie invece dovrebbero essere chiuse solo se nessun’altra misura bastasse a contenere i contagi.

Eccoci dunque nel secondo lockdown nazionale, almeno fino a fine febbraio. Per la salute psichica della popolazione (oltre che per l’economia) non è una buona notizia. Ci viene chiesto di resistere ancora, di rimetterci in clausura il più possibile (il limite di assembramenti e incontri è di 5 persone). Per molti non sarà facile accettarlo e comportarsi di conseguenza, speriamo nella consapevolezza della maggior parte della popolazione. Tuttavia, possiamo consolarci con la speranza che l’arrivo dei vaccini abbia presto un impatto importante. Dapprima sulla generazione più anziana, e quindi anche sulle strutture che li ospitano: dopo che hanno pagato il prezzo più alto in questa pandemia, vedere calare il numero dei decessi sarà un grande conforto per tutti, anche per le strutture ospedaliere. Per chi crede nell’importanza e nel valore dei vaccini, è motivo di grande sollievo la notizia dell’omologazione del secondo vaccino, quello di Moderna, arrivata il giorno prima dell’annuncio del nuovo lockdown. Certo, non sappiamo ancora se i vaccini evitano la malattia e pure il contagio o se si resta contagiosi, e quanto dura l’immunizzazione (Moderna parla ora di un anno), ma almeno ora è sicuro che avremo sufficienti dosi per chiunque la volesse, da qui all’estate. Anche questo non era scontato.