«POV: Prof: “Come definiresti la tua vita?”. Io: “Fa un po’ schifo”». È la scritta che appare sopra uno dei 100 mila video che Clotilde sta guardando su TikTok, in cui una sua coetanea maneggia un topo, lì a rappresentare il concetto che sta esprimendo. E, uno dopo l’altro, la maggior parte dei video che la mia 14enne scorre vedono stampate sopra le tre lettere malefiche: P-O-V. Una dicitura che nelle Parole dei figli, ossia nel loro modo di comunicare sui social, va per la maggiore. I più informati di noi sanno che POV è l’acronimo di Point of View, ovvero «Punto di Vista». Convinta da sempre che per capire i Gen Z sia fondamentale anche capire come comunicano (motivo di origine di questa rubrica), la domanda che mi faccio è: che cosa rappresenta esattamente il POV e perché spopola tra i giovanissimi come forma privilegiata di espressione? Confesso subito che, dopo avere guardato per ore video di TikTok e googlato l’impossibile, sono riuscita a darmi una risposta solo con l’aiuto della sociolinguista Vera Gheno. Non ho resistito a disturbarla, perché mi sembrava di essere finita all’improvviso nella canzone di Vasco Rossi quando canta «Voglio trovare un senso a questa situazione, anche se questa situazione un senso non ce l’ha».
Dimentichiamoci gli emoji che ormai sono considerati dai Gen Z cringe che vuol dire imbarazzanti, come raccontato in un altro Parole dei figli (metterne tre di fila viene considerata addirittura un’eresia). L’acronimo in questione, invece, è così diffuso che è pure diventato il titolo di una serie tv di Rai Gulp che racconta di adolescenti: POV – I Primi Anni. A scuola noi boomer abbiamo studiato la grammatica, la sintassi, l’analisi logica, le coniugazioni: qui, invece, entriamo nel linguaggio post-grammaticale dettato dai social. Motivo per cui bisogna fare un passo alla volta e, per comprendere esattamente il significato di POV, è necessario prima sapere che cos’è un MEME. Ispirandoci a quel che spiega Vera Gheno per l’Accademia della Crusca, possiamo definirlo come un’immagine, un video, una parte di testo, ecc., tipicamente di natura umoristica, che viene copiata e diffusa rapidamente dagli utenti di Internet, spesso con lievi variazioni. L’ha coniato il biologo Richard Dawkins negli anni Settanta assimilandolo al gene. Quest’ultimo è un «replicatore di informazioni» che saltando di corpo in corpo permette l’evoluzione della specie. Il MEME, invece, è un «replicatore di un’unità di informazione», che si diffonde con velocità pressoché incontrollabile soprattutto nel web, a denotarne il grande successo di pubblico. Una delle sue caratteristiche principali è proprio la viralità. Ebbene, il POV è un tipo di MEME. E il Point of View è il punto di vista dal quale si deve guardare la cosa. Espressione di uno stato d’animo o di un pensiero riguardo a un dato argomento o a una certa situazione.
«POV: Ti sto consolando perché il tuo ragazzo ti ha lasciato» e sotto scorrono le parole di una canzone e una scena in cui un adolescente consola un amico. Oppure: «POV: La tua amica ti sta chiedendo di mangiare il sushi che le è rimasto», altra canzone, altra scena in cui la tiktoker scuote la testa. I video sono girati in prima persona, il sottofondo è musicale, sullo schermo viene mostrato il punto di vista che il creator condivide con chi andrà a visualizzare il contenuto.
Ma che cosa rappresenta questa nuova modalità espressiva? È il bisogno di esprimere sé stessi nel modo che meglio riesce agli adolescenti, ossia con un video sui social? Ecco cosa mi spiega Vera Gheno: «Il POV richiama il mondo dei videogiochi in cui tu sei in 3D e guardi attraverso il personaggio. Nei POV gli adolescenti si immedesimano nei panni di una persona e raccontano quel che sta vivendo, pensa, prova. È una forma intermediata per parlare di sé, ma senza usare la prima persona. Una sorta di proiezione del mio punto di vista facendolo passare per quello di una persona X». Il POV, dunque, è il modo prediletto dai Gen Z per parlare di sé ma in modo mediato. Conoscendo le difficoltà degli adolescenti ad esporsi in prima persona, ora tutto è chiaro.
«Poi il POV si memizza (ossia diventa un meme e dunque virale) – conclude Vera Gheno – e di qui l’invasione di riproduzioni».