Nei gloriosi 30 anni di crescita economica, che hanno seguito la seconda guerra mondiale, il commercio internazionale della Svizzera si è sviluppato rapidamente e quasi in modo spontaneo. Erano le economie dei paesi dell’Europa occidentale a far ricorso alla produzione industriale della Svizzera in un’epoca nella quale si arrabattavano per ricostruire il tessuto produttivo che era andato distrutto durante il conflitto mondiale. Poi l’Europa ha pensato di integrarsi economicamente e per la politica commerciale della Svizzera sono cominciati i grattacapi. Gli stessi si sono trasformati in emicranie nel 1992 con il no dell’elettorato allo spazio economico europeo. Da allora i responsabili della nostra politica commerciale internazionale hanno iniziato a domandarsi che cosa fare per dare alle nostre aziende esportatrici nuove opportunità di mercato, non legate per l’appunto all’Europa.
Il legame commerciale con il vecchio Continente ha continuato però a restare importante. Nel 2020 l’economia del nostro paese ha esportato beni per 299.4 miliardi di franchi. Nei paesi europei è stato esportato il 48% del totale ossia un montante pari a 143.7 miliardi. Di questi più della metà nelle economie dell’Ue. Il secondo mercato di esportazione per importanza è stato quello degli Stati Uniti con 68.8 miliardi, ossia il 23% del totale. Nei paesi asiatici si sono poi esportati beni per 71.8 miliardi, ossia per una percentuale pari al 24% del totale delle esportazioni. Le economie di questi tre continenti assorbono dunque il 95% del totale delle esportazioni elvetiche. Un anno non fa certamente tendenza, in particolare quando, come è stato il caso del 2020, le esportazioni sono state frenate dalla pandemia. Tuttavia constatiamo che quasi la metà delle esportazioni svizzere continuano ad essere destinate a paesi europei, in particolare a quelli facenti parte dell’Ue. E questo nonostante la nostra politica commerciale cerchi, da quasi 20 anni, di globalizzare le destinazioni delle esportazioni.
L’intenzione dichiarata del nostro governo è di ridurre la quota dei paesi dell’Ue nel totale delle esportazioni, di continuare ad aumentare le esportazioni verso l’America del Nord, e di aumentare la quota delle economie emergenti, in particolare di quelle asiatiche. Tuttavia non è facile ridurre la dipendenza dall’Europa. Comunque dal 2004 al 2020 la quota delle economie europee nelle nostre esportazioni è diminuita dal 76.1 al 48%. La quota dei mercati extra-europei nelle esportazioni del nostro paese è quindi cresciuta dal 23.9 al 52%. In particolare è aumentata la quota degli Stati Uniti dal 10.1 al 23% del totale. La metà circa dell’espansione delle nostre esportazioni fuori Europa si è fatta quindi negli Stati Uniti. Un po’ meno della metà nell’insieme dei paesi asiatici, in particolare in Giappone, Cina e India. Varrà la pena di notare che queste modifiche sono relative.
In termini assoluti il flusso di beni esportati in Europa continua a crescere. Ma aumenta in misure inferiore a quello dei flussi di beni verso l’America del Nord e verso l’Asia. Osserviamo poi che, nonostante i progressi fatti, il futuro della diversificazione dei mercati di esportazione non è per nulla assicurato. Per poter esportare in altri paesi occorre poter concludere accordi commerciali con gli stessi. Ora, se passiamo in rassegna la situazione in materia di accordi commerciali internazionali ci accorgiamo che le cose non vanno come dovrebbero né a livello multilaterale, né a livello bilaterale. Un po’ dappertutto i nostri diplomatici incontrano difficoltà a far avanzare i loro progetti. L’accordo quadro con l’Ue è stato abbandonato e, per il momento, nessuno sa con che cosa potrà venir sostituito. Con i paesi asiatici la situazione in materia di accordi commerciali non è molto migliore.
Le negoziazioni però, in questo caso, sono condotte dall’Associazione di libero scambio, alla quale la Svizzera continua ad aderire. Il Giappone è l’unico paese con il quale un accordo è stato concluso. Con l’India le negoziazioni sono avviate da anni ma stentano ad arrivare alla fine. C’è poi il caso della Cina (e di Hong Kong partner commerciale altrettanto importante per la Svizzera) che, con il degradarsi dei rapporti della Cina con gli Stati Uniti, minaccia di diventare complicato. Secondo certi specialisti del commercio internazionale, in futuro queste tensioni potrebbero obbligare la Svizzera a una scelta di campo e alla rinuncia ad uno o l’altro dei mercati più importanti per le esportazioni del nostro Paese. Da ultimo ricorderemo che le sorti dell’accordo della Svizzera con gli Stati Uniti, che sono attualmente il nostro maggior partner commerciale extra-europoeo, sono, secondo altri specialisti, nelle mani di Joe Biden. Speriamo che se ne sia accorto! Sia come sia, nei prossimi anni ai nostri negoziatori il lavoro non verrà a mancare.
Politica commerciale: fra buoni risultati e incognite
/ 04.10.2021
di Angelo Rossi
di Angelo Rossi