Piccole, ma già città

/ 23.08.2021
di Luciana Caglio

La forzata saggezza, imposta dal Covid, sta, effettivamente, modificando i nostri comportamenti. Per carità, non siamo diventati migliori, come auspicano i fautori di una conversione virtuosa, cioè la definitiva rinuncia agli sprechi del consumismo, a cominciare da quello turistico. Però, complice il timore di possibili intralci burocratici e sanitari, code agli aeroporti e tamponi, la voglia di andare ha subìto un radicale ridimensionamento: il vicino sostituisce il lontano. Ci si muove, insomma, entro i confini di una Svizzera che rivela aspetti inattesi, tutti suoi, forse unici. È, infatti, la patria di luoghi particolari, che sfidano le norme numeriche abituali: con 15’000 abitanti sono già città, a pieno titolo. Niente da spartire con gli agglomerati dormitorio, che costellano le periferie dei grandi centri. Qui, invece, per contingenze storiche, paesaggistiche e, non da ultimo, per la fortunata coincidenza fra politica e volontà popolare, sono nate e cresciute autentiche comunità urbane: dove, insieme, si condivide uno spazio da rendere il più possibile accogliente ed efficiente, sfruttando bellezze naturali, monumenti insigni, santuari. Ma diversamente da quanto, spesso, avviene in altri paesi, queste testimonianze del passato non rimangono una presenza fine a se stessa, racchiusa in una cornice immobile. Appartengono, invece, alla quotidianità contemporanea.

In proposito, si deve citare Soletta, la più famosa e accreditata fra le nostre piccole città. Ad assicurarle prestigio, la cattedrale cattolica di Sant’Orso e San Vittore, capolavoro barocco. Con ciò, la località non vive soltanto di luce riflessa, grazie a un edificio, dominante, integrato però nel vissuto locale. Fra conservazione e rinnovamento, Soletta si è mossa, accortamente, sul piano pubblico e privato. Ne è un esempio, l’Hotel de la Couronne, la «seconda più antica locanda della Svizzera»: ospitò Napoleone. Ha subito, recentemente, una ristrutturazione raffinata, proposta come modello ad hoc: l’intervento tecnologico che non cancella l’impronta del passato. Anzi, sollecita un confronto di stili estetici e stili di vita. La Soletta delle «11 fontane e 11 torri» medievali è anche quella che ospita, nel teatro, in riva all’Aar, le Giornate cinematografiche, evento frequentato prevalentemente da giovani o, comunque, giovanilisti. E, infine, particolare tutt’altro che trascurabile, Soletta vanta un quotidiano ben fatto, la «Solothurner Zeitung». Già l’11 agosto reca la notizia del grave incidente cardiaco che ha colpito Marco Borradori, in anticipo rispetto alla NZZ. 

L’esigenza di rispondere a esigenze sempre più diversificate, rappresenta un impegno dominante per i responsabili della gestione politica, sociale, urbanistica delle piccole, ma già città, entrate ormai nel novero delle attrazioni turistiche nazionali. Come dire, vette alpine, laghi ameni non bastano. Anche i centri, un tempo minori, devono attrezzarsi per assicurare di tutto un po’: svaghi sportivi, varietà gastronomiche, occasioni culturali di alta qualità. Persino contraddizioni: la quiete ma non la noia. Possibilmente una sorpresa, che ci attende a Neuchâtel.

Salendo dalla riva del lago, tutto barche, stabilimenti balneari e bar, si arriva a quello che è stato il rifugio di Friedrich Dürrenmatt, una sorta di eremo fra i boschi. Quest’abitazione è ormai integrata nel Centro museale, creato da Mario Botta e inaugurato nel 2000: un’opera che non soltanto illustra la vita dello scrittore ma ne rivela la dimensione, per molti segreta, di un pittore altrettanto sconvolgente. Questo linguaggio, parallelo a quello letterario, ha trovato nell’architetto un interprete appassionato, in grado di trasmettere al visitatore l’emozione di una scoperta, che è stata anche sua personale...

In altre parole, non è la lontananza chilometrica a determinare, con la cosiddetta ispirazione, la riuscita di un lavoro o di un viaggio. «Anch’io, commenta Botta, dovrei diventare più svizzero, nei miei spostamenti».

Con ciò, sia chiaro, piccolo non è sempre bello. A volte, e ce ne rendiamo conto proprio noi ticinesi, la comodità delle piccole città, che magari si autopromuovono a tali, può diventare un tranello. Personalmente, mi tiene compagnia l’illusione che, prima o poi, potrò tornare a inseguire un naturale bisogno di lontananza.