Cara Silvia,
sono un suo lettore «storico» e, pur essendo ticinese, seguo con interesse le vivaci vicende italiane e, tra queste, la fine del matrimonio tra Francesco Totti e Ilary Blasi. Su social, giornali e riviste non si parla d’altro. Eppure problemi più seri non mancano: la guerra, la pandemia, la siccità, la carestia, ultimamente la crisi politica e… chi più ne ha più ne metta.
Perché ci si scandalizza tanto per la separazione coniugale in un paese che ha l’indice di natalità tra i più bassi al mondo, dove i matrimoni sono in calo mentre separazioni e divorzi continuano ad aumentare? Non sarebbe meglio occuparsi dell’inflazione e del rincaro delle bollette piuttosto che fare gossip? / Guglielmo
Caro «Guglielmo Tell»,
ha ragione, i suoi interrogativi sono anche i miei. E, come psicologa che segue da sempre le vicende della famiglia, oltre alle domande cerco di darmi delle risposte che possono spiegare il turbamento collettivo destato da una crisi familiare che di per sé non ha nulla di straordinario. Straordinari sono invece i due protagonisti: Hilary, una donna bellissima, nota per la sua partecipazione a programmi televisivi di grande audience e un uomo, Totti, un calciatore della Roma di straordinario successo, amato dai suoi tifosi come nessun altro. Finora la loro vita è stata una favola: nozze in Campidoglio, vent’anni di matrimonio, tre figli deliziosi. E, come si sa, le favole esigono il lieto fine: «e vissero insieme felici e contenti». Una conclusione che in questo caso è mancata.
Il crollo di un sogno collettivo ha fatto emergere dalle sue rovine un interrogativo che emerge raramente, ma si coglie in filigrana: «perché ci si sposa?». Avvertiamo che il matrimonio è importante ma non sappiamo perché. Non accettiamo più le motivazioni tradizionali ma non ne abbiamo elaborate di nuove.
Da anni la famiglia certificata non ha più il monopolio né costituisce un ideale. Le coppie conviventi non cadono nel discredito e non si sentono moralmente colpevoli. Eppure le nozze, benché in costante diminuzione, continuano ad avvenire. In Svizzera nel 2021 i matrimoni sono stati 36’410 e quasi tutti i bambini nascono da coppie sposate. La votazione popolare del 26/9/2021 ha esteso questo diritto alle coppie omosessuali, che da tempo lo richiedevano.
Che cosa rende desiderabile il matrimonio e incisiva la sua celebrazione, anche se modesta e frettolosa? A una piccola inchiesta, rivolta a coppie in procinto di sposarsi, su perché avessero preso quella decisione, la maggior parte delle risposte furono scherzose ed elusive: «per i regali di nozze», «per far contenti i genitori», «per aver un’occasione di far festa». Eppure c’è di più, come rivela l’intensità di ogni celebrazione, religiosa o laica.
Vi è, in quell’occasione, un momento in cui il tempo lineare, cronologico si ferma lasciando apparire la dimensione verticale del sacro. Un’esperienza comune eppure eccezionale, che analizzo nel libro Il romanzo della famiglia. Passioni e ragioni del vivere insieme, Oscar Mondadori. La pronuncia del «Sì» sottende un «per sempre» che risponde a un profondo bisogno di perennità. Il quel momento i due sposi ampliano i confini della loro vita, vanno al di là di sé stessi. Organizzando una cerimonia pubblica, con testimoni e invitati, intendono testimoniare, di fronte alla comunità, la forza del loro impegno, la loro presa di responsabilità. Anche le coppie che preferiscono mantenersi libere da ogni forma di legalizzazione, stabiliscono al loro interno un patto di fedeltà cui cercano di attenersi. Dove gli altri scorgono un «non impegno» esiste un progetto che li proietta in un futuro condiviso. Vi è in ogni essere umano un senso trascendente del tempo che infrange la dissipazione del quotidiano impegnandoci, come scrive Borges, a costruire sulla sabbia come se fosse roccia.
Ecco perché quando una separazione coniugale, anche molto lontana, infrange quell’ideale, sentiamo che ci riguarda perché coinvolge la nostra stessa umanità.