E così in Italia il giorno tanto atteso, il d-day del green pass obbligatorio per accedere ai luoghi di lavoro – venerdì 15 ottobre – è arrivato, è passato e non ha prodotto gli sconquassi tanto temuti. Proviamo a pensare come ci sentivamo un anno fa, noi europei, in questi stessi giorni, quando tutto stava chiudendo di nuovo. Sbarrati i locali pubblici, serrati i cinema, i teatri, le scuole, molti uffici, molte fabbriche. Con il numero dei ricoverati e dei morti in aumento, con l’autunno e l’inverno di fronte. Se qualcuno ci avesse detto che nei mesi successivi sarebbero arrivati i vaccini, che si sarebbero dimostrati efficaci nel contenere il virus, che gli effetti collaterali si sarebbero rivelati inferiori rispetto alle previsioni e drasticamente inferiori rispetto ai timori, avremmo pensato: dai che ce la facciamo, dai che tutti insieme ne usciamo!
Ora ce l’abbiamo quasi fatta, ne siamo quasi usciti. E questo è accaduto perché la grande maggioranza degli italiani, degli svizzeri, degli europei ha capito la chiave per farcela: in una pandemia ognuno è responsabile non solo della propria salvezza, ma di una parte della salvezza dell’altro. E questa parte è tanto più grande quanto più l’altro ci è vicino, in quanto parente, persona cara, collega. Per questo vaccinarsi è una forma di rispetto verso se stessi, verso i familiari, verso le persone che dividono con noi la casa, il bar o il luogo di lavoro. Molti non vedevano l’ora di vaccinarsi, e hanno smanettato freneticamente sul computer o sul cellulare per prenotarsi al più presto. Molti si sono vaccinati perché le norme sul green pass li hanno indotti a farlo. Molti hanno dovuto superare la paura. La paura non è il più nobile tra i sentimenti, ma non va criminalizzata, né esorcizzata. Occorre rimuoverne le cause. In generale, si è liberi di non vaccinarsi; non di mettere in pericolo gli altri. Chi in Italia proprio non intende immunizzarsi, se vuole condividere lo stesso spazio con i colleghi deve sottoporsi all’onere del tampone; in caso contrario, i centri vaccinazione lo attendono. Poi, certo, un po’ di tensione c’è stata, e ci sarà. Non soltanto nel porto di Trieste, dove i manifestanti no-green pass sono stati giustamente sgomberati. L’importante è affrontare la tensione senza ideologie o guerre di religione, anzi con il massimo del pragmatismo.
Soffiare sul fuoco è da irresponsabili. Se poi lo si fa per vellicare gli istinti nella speranza di raccattare qualche voto è da miserabili. Se questo era l’intento di Salvini e Meloni – e mi auguro proprio di no – si può dire che è fallito: le elezioni comunali hanno visto la sconfitta della destra sovranista e populista. Che potrà prendersi la rivincita alle prossime elezioni politiche, purché capisca che inseguire i no-vax non porta lontano. I proclami, da qualsiasi parte provengano, sono inutili se non controproducenti. Meglio tenere fisso l’obiettivo – vaccinare più gente possibile – tentando di sciogliere i nodi che ingarbugliano questo tratto finale. Ci sono segnali che vanno nella direzione giusta, appunto quella del pragmatismo. Riconoscere la validità dei vaccini somministrati nell’est europeo, per non bloccare il traffico delle merci. Consentire alle aziende di recuperare in parte il costo dei tamponi per gli irriducibili. Segnali di buona volontà, che sarebbe sbagliato lasciar cadere. I no-vax e i no-green pass che scendono in piazza, mettendo a repentaglio la salute propria e altrui (qualcuno pensa ai bambini che non possono vaccinarsi?), sono la minoranza di una minoranza, molto spesso sedotta dalle fake news che girano in Rete.
In effetti anni di propaganda contro i vaccini non sono passati come acqua sul marmo e molta gente ne è stata condizionata. Anche per questo erano necessarie misure drastiche. L’obbligo vaccinale sarebbe stato molto difficile da far rispettare. Esigere il green pass per accedere ai luoghi pubblici è il modo migliore per lasciarli aperti e non doverli richiudere di nuovo. Se la si affronta con buon senso e con intelligenza – che è la capacità di risolvere i problemi – passerà anche questa emergenza. Poi la storia non è mai finita. Vaccinare il mondo resta una sfida impressionante, ma almeno potremo dire di aver fatto tutto quanto sta in noi, e che gli europei ancora una volta hanno dato nel momento più difficile il meglio di loro stessi. Compresi gli inglesi, ma forse non il Governo di Boris Johnson – che non ha introdotto il green pass obbligatorio – e ora deve fronteggiare 50 mila casi al giorno.