Pecore e capre nelle strade di Madrid

/ 08.11.2021
di Claudio Visentin

Lo confesso: questa settimana avrei dovuto scrivere d’altro. La cronaca, del resto, mi propone spunti sempre nuovi. Per esempio, a partire da lunedì 8 novembre gli Stati Uniti riaprono le frontiere ai viaggiatori vaccinati. Erano divieti in vigore dal gennaio 2020, ancora al tempo del presidente Trump; per questo, pur tra dubbi e limitazioni, è un segno forte di ripartenza del turismo internazionale.

O preferite forse una notizia curiosa? Da tempo diversi musei si lamentano perché i loro nudi artistici sono censurati sui social network. Nel 2019 per esempio Instagram oscurò un quadro di Rubens perché violava le regole della community contrarie a ogni nudità. Ma lo zelo dei censori, siano umani o algoritmi, non conosce limiti: e così nel 2018 Facebook ha rimosso considerandola pornografia una foto… della Venere di Willendorf. È una statuetta in pietra alta undici centimetri risalente a 25mila anni or sono, in pieno Paleolitico, custodita al Museo di storia naturale di Vienna; raffigura una donna bene in carne, simbolo di fertilità e prosperità.

Un altro museo viennese, il Leopold Museum, ha dovuto censurare in Germania, Regno Unito e Stati Uniti i suoi manifesti con nudi del pittore espressionista Egon Schiele, anche se questo è morto nel lontano 1918 («Ci dispiace. Anche dopo cent’anni sono ancora troppo audaci» la scritta utilizzata per coprire le nudità). Ecco perché, stanco di tanta ottusità, con intelligenza e ironia l’ufficio del turismo di Vienna ha deciso di aprire un profilo su OnlyFans, una piattaforma online conosciuta per i suoi contenuti espliciti, dove proporre liberamente i propri capolavori.

Di questo avrei dovuto parlare e di molto altro. Ma tutti questi argomenti sono passati in secondo piano quando più di mille pecore e capre hanno invaso le strade di Madrid, guidate dai loro pastori in abiti tradizionali, tra due ali di pubblico incantato e meravigliato.

La Festa della transumanza, sospesa durante la pandemia, è tornata. E di nuovo, per un giorno, le auto hanno dovuto farsi da parte e il suono dei clacson è stato sostituito da quello dei campanacci. I pastori hanno così ribadito il loro antichissimo diritto di condurre il bestiame dal nord della Spagna (Castiglia o Leon) sino ai pascoli più meridionali dell’Estremadura e dell’Andalusia per il periodo invernale, seguendo le antiche vie; e pazienza se qualcuno nel frattempo ci ha costruito sopra una capitale.

Immagini simili sono giunte anche da Pavia, dove domenica 24 ottobre un fiume di pecore bianche ha attraversato l’imponente Ponte della Becca, alla confluenza di Po e Ticino, diretto verso l’Oltrepo. L’infinito gregge bianco era punteggiato solo da qualche asino grigio, con gli agnelli nelle grandi tasche laterali, per farli riposare o per impedire che il branco li calpesti nei passaggi più stretti.

La transumanza, patrimonio immateriale UNESCO, mi ha sempre affascinato ma non è facile riuscire a vederla ancora. A partire dagli anni Sessanta del Novecento le greggi vengono trasportate con treni o camion. Anche così qualcosa rimane. Molte strade infatti, percorse dai mezzi pesanti carichi di ovini, ricalcano antichi percorsi di transumanza, per esempio il tratturo magno L’Aquila-Foggia. Il 29 settembre, giorno di san Michele Arcangelo, i pastori abruzzesi cominciavano il loro cammino di centodieci chilometri in tre settimane verso il Tavoliere delle Puglie: «Settembre, andiamo. È tempo di migrare…» (Gabriele D’Annunzio, I pastori). Sarebbero tornati solo nel maggio seguente. Quando Alfonso d’Aragona nel 1447 riorganizzò il Regio tratturo (che esisteva di suo da tempo immemorabile) la strada era larga più di centodieci metri. Poi quelle vie sono state sepolte dall’asfalto, oppure si sono perse nella vegetazione incolta. Pochi tratti erano ancora percorribili ma da qualche tempo sguardi attenti le ricercano e le riscoprono, segnandole con modernissimi GPS.

In Svizzera, la transumanza (v. «Azione» dell’11.10.2021 di Simona Dalla Valle) è più spesso di bovini (pittoresca e molto conosciuta è quella di Charmey, in Canton Friborgo, a fine settembre). E così per un giorno noi moderni e disincantati cittadini impariamo a fare un passo indietro, a lasciare spazio a queste poetiche tradizioni d’altri tempi: per sentire ancora sotto l’asfalto il profumo dell’erba, per respirare la polvere sollevata dal calpestio degli animali, per risentire il rumore allegro delle mandrie in cammino.