Passaggio a Nord

/ 28.11.2022
di Cesare Poppi

Avevo promesso a me stesso che per tre mesi non avrei dovuto dipendere dall’Infernet – Rete dell’Inferno secondo il Dizionario Universale dell’Altropologia – per aggiornarmi su quantunqualtromai sarebbe successo nel Resto del Mondo durante il mio soggiorno in quell’angolo del mondo nel Nordovest del Ghana eletto ormai mezzo secolo fa a laboratorio ideale per comprendere certi aspetti (peraltro riscontrabili Urbi et Orbi) della religiosità e dei suoi dintorni. Pura illusione.

A Gurumbelle è arrivata l’Internet. Praticamente non c’è ancora la strada. L’elettricità viene da sette giganteschi pannelli fotovoltaici «Dono del Popolo degli Stati Uniti d’America» – recita la targa. Sono stati installati alle ultime elezioni dal candidato deputato di zona e saremo fortunati se dureranno fino alle prossime elezioni: senza manutenzione la magia fotovoltaica non regge. E si tornerà alle lampade a kerosene. «Sì, è vero: la strada non c’è (ancora). Però siamo connessi!». Così mi aggiornava un raggiante Iddrissu Naa, broker locale del partito al governo. Funziona così: nella metà a monte del villaggio c’è un palo al quale appendono i cellulari coloro che hanno come provider Vodaphone. Nella metà a valle, sulla spalliera della tomba di Halamuni, poggiano i cellulari i clienti di GhanaCom: questi i due spot dove «prendono» i cellulari. Tutti nel villaggio sanno quale sia il suono di X o Y: quando uno passa e sente partire la Nona di Beethoven allora corre a chiamare Tizio, se invece parte Bella Ciao si sa che la chiamata è per Caio. E così il Sempronio di turno c’è cascato. Non ho resistito, ho rinnegato me stesso, sono caduto in tentazione e ho provato – ops: testato – il collegamento internet. Funziona. Ahimè funziona. Abbastanza per aggiornarmi non solo sulla storia infinita (qui roba da aliene Guerre Stellari) ma anche – ahimè – sul nuovo dramma dei migranti, delle navi ONG alla deriva per i sette mari, l’ennesima querelle fra Italia e Francia su chi abbia colpe e responsabilità.

Per fortuna la connessione si interrompe. Appoggio l’infernale elettrodomestico sulla tomba del mio amico Halamuni e decido che è ora di andare a farmi un tot di petesi al bar del villaggio, che tanto è a meno di dieci metri dalla tomba/centrale trasmissioni digitali (si dice così?). Il petesi ha sostituito in larga misura fra i giovani quello che quindici anni fa era la marijuana. Si tratta di un micidiale distillato di vino di palma ad alto contenuto di alcol metilico e dunque tossico – che ha sostituito la più debole Mariagiovanna della nostra gioventù. Costa poco e non si deve coltivare e aspettare che cresca. Il petesi è legale, mentre il governo faceva diserbare a suon di incentivi esteri le piantagioni di Maria degli intraprendenti che lavoravano per l’export clandestino. I giovani dei villaggi oggi hanno in tasca un po’ più di cash rimediato negli angoli più reconditi, pericolosi, illegali e mortali dell’economia sommersa. Sei mesi a scavare oro di superficie nelle miniere galamsey sperando di sopravvivere al crollo delle gallerie, all’intossicazione da mercurio per estrarre l’oro e ai soprusi del boss cinese e dei suoi scherani nigeriani. Spaccarsi la schiena per coltivare la terra non val la pena. Quattro soldi di polvere d’oro comprano riso coreano o farina ucraina.

Così al «bar» di Gurumbelle: una stanzetta piena di bottiglie di birra (vuote: piene costano troppo) e taniche di petesi da venti litri, un arsenale. Sono le sette di sera, quando ai tropici è già buio. Alcuni sono già sdraiati a terra. Fuorigioco, ebbri. Altri seguiranno presto. Come sempre il chiacchiericcio è su come «trovare» soldi. Mi si avvicina M. Mi aveva offerto l’altro giorno di comprargli una zanna d’elefante di bracconaggio a una cifra ridicola. «Se proprio non vuoi comprarmi la zanna, almeno mi aiuti a trovare i soldi per un Passaggio a Nord?». «Passaggio a Nord»: modo gergale nel Nord del Ghana che significa «andare in Europa». Non ho ancora capito quanto, se e come questa mia gente sappia cosa il tutto implichi o voglia dire: non comprendo nemmeno i miei, di sogni. Ma certo non sanno loro cosa sia, il Nord. Certo non fino a quando si trovano su un gommone. Deo gratias anch’io ho già bevuto troppo (basta poco: è micidiale). «Ci andremo assieme, certo». Poi più non ricordo.