Succede ogni estate. Sarà perché, pur essendo breve, è carica di proposte e promesse, destinata insomma a svolgere un ruolo alternativo, rispetto alla normalità: fatto sta che questa stagione riesce a dar vita, di anno in anno, a un proprio lessico. Una sorta di «estivese», per dirla parafrasando «politichese», «burocratese», «socialese», che definiscono linguaggi settoriali ormai storici. Qui, invece, si allude a parole momentanee che, forse, scompariranno senza lasciare traccia, ma intanto esprimono questa nostra quotidianità accelerata e persino illusoria, di cui l’estate è il simbolo. Diversamente da altri linguisti, Ottavio Lurati non è prevenuto nei confronti delle parole nuove. Come osserva nella sua Neologia anni 1980/90, «attraverso la lingua che cambia si tenta di capire il segreto dell’ora che batte».
Eccoci, quindi, a sfogliare le pagine di quest’ipotetico dizionario dell’estivese 2017, dove, per cominciare, ci s’imbatte in METEO, che non è certo un neologismo, ma si presenta in ben altro modo, rispetto al passato. Non soltanto ha conquistato credibilità scientifica ma, soprattutto, risalto mediatico. Informa, grazie alla tecnologia, e impressiona, grazie a un linguaggio di forte impatto. E, così, si parla non tanto di episodi naturali quanto di anomalie estreme: temperature a 50 gradi «percepiti», in estati torride, roventi, di cui sono responsabili personaggi nefasti: Caronte, Lucifero, Nerone, Hannibal. Del resto, la meteorologia è poi un aspetto di quel fenomeno, al centro delle preoccupazioni mondiali, che si chiama CLIMA: la parola ormai più presente nel nostro linguaggio, e con effetti sui comportamenti pubblici e privati, per lo meno sul piano delle buone intenzioni.
Ne consegue, il nesso è logico, la popolarità del termine BICICLETTA, che ben figura nella graduatoria delle cosiddette riscoperte, un mix di rimpianto e progresso. Se, un tempo, era riservata allo sport e al tempo libero, la due ruote compare adesso in versione, riveduta e corretta, alla stregua di un toccasana, virtuoso e pulito, in grado di contrastare efficacemente i guai del traffico quotidiano. I politici ne sembrano convinti, e, per dare il buon esempio, si fanno fotografare in sella. Chiudendo gli occhi sulla curiosa immunità che protegge questi utenti della strada, i soli a potersi muovere come garba loro.
E, già che si parla di politici, ecco un’altra parola, entrata recentemente, nel lessico locale: TICKET, eventualità infine eliminata, per puntare su una candidatura unica alla carica di consigliere federale, che però non ha fatto l’unanimità. Difficile da raggiungere in un Ticino litigioso.
Allargando il discorso a fenomeni di portata mondiale, ci s’imbatte in TURISMOFOBIA, che definisce l’altra faccia di una conquista sociale, irrinunciabile ma discussa. Tutti in vacanza significa, adesso, intrupparsi, assediando città rese invivibili: da Venezia a Barcellona. Coinvolgendo persino la Val Verzasca, con le sue pozze d’acqua cristallina, luogo incantevole, ma per pochi.
Intanto c’è un’altra categoria di gente che si sposta, suo malgrado: i MIGRANTI. Niente da spartire con gli emigranti di memoria storica, in viaggio verso una precisa destinazione, o per lo meno una speranza. A quelli di oggi spetta una sorte ambigua, che sfugge a regole e previsioni, e divide insidiosamente anche i nostri sentimenti.
Ultima arrivata fra i neologismi estivi, INFLUENCER: il termine si riferisce agli ospiti, approdati sui « social,» in particolare su INSTAGRAM, con il proposito di esercitare, appunto, un influsso sul maggior numero possibile di adepti, paragonabili proprio ai seguaci di una setta, altrettanto ingenui e sciocchi, ed esposti al rischio d’ inganno. Da un lato, personaggi che non rappresentano nulla, se non un’ambizione balorda di arrivare chissà dove, impartendo lezioni di vita e di successo, dall’altro, un pubblico, purtroppo numeroso, dell’ordine di centinaia di migliaia di cosiddetti FOLLOWER, che ammirano modelli sbagliati, vittime dell’ignoranza e dell’ingenuità. Se leggessero i quotidiani, scoprirebbero presto che quei loro maestri sono finiti in galera.
Sarà perché è breve, destinata a un ruolo alternativo, rispetto alle stagioni, fatto sta che l’estate sembra dar vita, ogni volta, a un proprio linguaggio. Dove si ritrovano parole prevedibili, associate a condizioni climatiche.