Eravamo rimasti che cercavo un’auto d’occasione, visto che la mia vecchia Volvo non ce la faceva più. L’auto ora c’è, più piccola perché ormai, a parte la domenica in tv, di auto che sfrecciano a 200 all’ora non se ne vedono più. E poi bisogna risparmiare: anche noi anziani dobbiamo consumare meno e inquinare meno. Ma per circolare occorre il benestare dell’autorità cantonale (collaudo eseguito) e dei signori assicuratori che non hanno tardato a farmi pervenire un nuovo contratto. Vado subito al sodo. L’assicurazione Rc da 600 franchi all’anno passa a oltre 800. Inizio un tira e molla, finché al mio solerte assicuratore forse scappa la pazienza e mi spiega che «non importa se la vettura è nuova o d’occasione; quello che le posso dire è che il premio viene stabilito considerando diversi fattori quali marca della vettura, peso, potenza, chilometri percorsi, età conducente». Visto che per le prime quattro voci elencate tutto suona a favore della sostituta della Volvo rottamata, è facile scoprire il punto dolente che fa alzare il prezzo: l’età del conducente. Incasso la novità e ritengo inutile spiegare alla controparte che una volta (nemmeno tanti anni fa) a fare stato in questo tipo di contratti c’era l’attrattiva formula «bonus malus», con relativa riduzione percentuale del premio assicurativo. Visto che questa componente ora è finita quasi nascosta tra le righe dei contratti, è normale pensare che quella sull’età sia una tassa sull’anzianità.
Questa barriera sanzionatoria per gli autisti anziani ha più di un’analogia con la politica attuata dalle Ffs a scapito dei cittadini in pensione che ricorrono al treno solo sporadicamente. È una storia che ho già raccontato contestando una pubblicità. C’era una volta lo sconto sui biglietti per viaggiatori in età Avs. Ora non c’è più, fatto sparire alla chetichella anni fa, con la motivazione che acquistando un abbonamento a metà prezzo anche l’anziano fa in fretta a… risparmiare. Il fatto è che per accumulare risparmio è necessario viaggiare in treno almeno due o tre volte al mese o tutti i mesi dell’anno. È senz’altro utile a pendolari o altri utenti «fissi», ma non a chi ricorre alla ferrovia solo «una tantum». Certo, restano i biglietti risparmio o le giornaliere da prenotare con date e orari fissi e con largo anticipo, proprio come fanno tutti gli altri utenti, a conferma che le Ffs continuano ad avere poco riguardo verso gli anziani. E allora mi ripeto: è proprio utopico e insostenibile un documento ferroviario a prezzo basso, valido per due o tre giorni di libera circolazione limitato a giovani, turisti e anziani? E ancora: è così anti-sociale pensare che un simile certificato di viaggio possa essere sovvenzionato con qualche milione di quelli che le Ffs «guadagnano» per «restituirli» al pentolone bernese da cui attingono (a miliardi) aiuti per le infrastrutture?
Nel frattempo, a inizio agosto, all’elenco dei tanti aumenti confermati o attesi (e sarà difficile evitare che aumentino anche le tasse, a tutti i livelli) si sono aggiunti quelli delle Casse malati che non hanno resistito a mettere in agitazione la popolazione con la loro collaudatissima manfrina mediatica su costi e rincari inevitabili. Mi riferisco ai «ballons d’essais» che servono a far scattare i cori degli eccellenti «protestanti», tutti ben addestrati ad abbaiare sino a novembre per poi tornare a cuccia a dicembre. Lo sappiamo: alla fine gli aumenti dei premi toccheranno tutti, anche le casse cantonali che pagano per i «morosi» (non lo si dimentichi) e anche gli anziani che da decenni attendono dalla politica una soluzione che disattivi la tagliola esistente fra quadrature del cerchio della Lamal e fallimenti delle riforme Avs. Nella speranza di trovare conforto o consolazione per chiudere il mio «cahier des doléances» degli anziani pensavo di far ricorso a qualche sociologo. Ma a questo punto, come chiosa finale, forse è più adatto questo ammonimento di Woody Allen: «A essere buoni si dorme meglio, ma i cattivi da svegli si divertono di più». Care pantere grigie siamo sotto attacco, perlomeno svegliamoci.