Pandemia e economia

/ 30.03.2020
di Angelo Rossi

Chi segue, con parecchio patema, il susseguirsi delle notizie sull’evolversi della pandemia di Coronavirus e sugli sviluppi delle politiche per frenarne la diffusione e limitarne le conseguenze negative, si sarà accorto che nel discorso mediatico, al di là delle statistiche su infettati, guariti e morti, emergono due dimensioni essenziali. La prima di queste è la dimensione sanitaria che, attualmente concerne in particolare la questione del rapporto tra aumento del numero dei pazienti affetti dalla malattia e limitate capacità in materia di infrastrutture e di personale specializzato da parte del settore ospedaliero. Da qui il ricorso, in diversi paesi e anche da noi all’esercito come risorsa di complemento straordinaria.

L’altra dimensione che desta particolare preoccupazione è quella economica. Da quando il virus ha cominciato ad apparire sulla scena internazionale ci siamo resi conto che la sua diffusione avrebbe avuto un costo economico enorme. In Cina, la seconda economia mondiale come potenziale di produzione, il Coronavirus ha bloccato praticamente la produzione per quasi tre mesi. Adesso sta riprendendo ed è auspicabile, in particolare per le economie del resto del mondo che, in un modo o nell’altro, dipendono tutte dal gigante cinese, che riprenda il più rapidamente possibile. Tuttavia la ripresa dell’economia cinese non consentirà di rilanciare, ancora per qualche mese, le economie occidentali e quella giapponese perché le stesse, attualmente, in fatto di diffusione della pandemia, si trovano nell’occhio del ciclone. A differenza di quello che succede in una normale recessione dell’economia mondiale dove il declino e la ripresa si manifestano in tutte le economie maggiori in modo quasi simultaneo, nel caso della recessione da coronavirus il ritorno al bel tempo (si fa per dire) si manifesterà con i ritardi dovuti al modo nel quale la pandemia si è diffusa nel mondo. Il sud-est asiatico, la zona nella quale la pandemia si è avviata, sarà la regione nella quale per prima si manifesterà la ripresa. Seguiranno poi, con settimane o addirittura mesi di ritardo l’Europa e gli Stati Uniti.

A livello di congiuntura economica mondiale la conclusione di questo ragionamento è abbastanza evidente. Il 2020 sarà un anno di recessione e la recessione sarà tanto più dura quanto più a lungo durerà la pandemia. Nessuno è in grado, attualmente, di prevedere quanto lungo potrà essere questo periodo. Tuttavia questo non scoraggia gli specialisti dello studio della congiuntura che, quasi giornalmente, cominciano ad avanzare previsioni sull’impatto che la pandemia potrebbe avere. A questo proposito è utile ricordare che prima dello scoppio della malattia i maggiori istituti di previsione già anticipavano, per il 2020, una diminuzione del tasso di crescita del Pil, che avrebbe potuto variare, rispetto al 2019, tra un decimo di percento e mezzo punto percentuale, per Stati Uniti, Unione Europea, Giappone, e Cina. Nonostante queste diminuzioni il tasso di crescita per il 2020 sarebbe restato positivo variando tra lo 0,4% del Giappone e il 5,8% della Cina. L’economia svizzera, invece, non avrebbe dovuto seguire la tendenza al declino. Il tasso di crescita del Pil sarebbe aumentato da 0,9% del 2019 a 1,7% nel 2020.

Ora, con la pandemia in pieno sviluppo, possiamo gettare queste previsioni nel cestino della carta straccia. Gli osservatori dell’andamento congiunturale stimano attualmente che l’economia mondiale subirà, nel 2020, una recessione. Ciò significa che, per almeno tre trimestri, il tasso di crescita del Pil sarà negativo. Per l’economia mondiale si anticipa, per il 2020, una diminuzione del Pil di almeno lo 0,4%. Per le economie europee, e quindi anche per quella della Svizzera la diminuzione sarà più forte. Stime pubblicate un paio di settimane fa davano una recessione pari all’1,3% a livello nazionale e all’1,6% per il Ticino. Sono solamente le prime indicazioni. Alla fine l’ampiezza della recessione dipenderà, come si è già detto, dalla lunghezza del periodo di pandemia. Facciamo gli scongiuri!