Sto visitando il mercatino natalizio in Piazza della Riforma. È arrivato anche il mitico Barbarossa a diffondere, con il suo organetto, suoni delicati e discreti. Lugano ha voluto mantenere il suo rituale festivo che quest’anno assume un valore particolare. In effetti quella che mi accoglie è un’atmosfera diversa. Gli oggetti esposti sembrano lì per raccontare la storia di un altrove. Marmellata e miele, calzettoni e sciarpe, piccoli ninnoli artigianali, raccontano gesti e pensieri vissuti in solitudine nei mesi appena trascorsi. Oggetti finalmente esibiti a suggerirci un’inedita narrazione della vita. Oggetti che non si mostrano più come semplici «cose», merci da comperare, regalare, consumare. Si mostrano con un volto diverso, a evocare il profumo di una rinascita. Anche noi ci concediamo forse un po’ meno alle abitudini consumistiche. L’atmosfera sembra offrire altre ragioni al nostro essere lì: il piacere di condividere relazioni, seppure un po’ aleatorie e sfuggenti. E così riemerge inatteso il valore del legame che sa rendere il dono un vero dono.
Con queste gradevoli percezioni decido, per una volta, di trattenermi un po’ di più. Subito vengo attirata da una casetta in cui sta accadendo qualcosa di particolare. Tre signore stanno scegliendo la stessa, unica cuffia esposta. Un caldo berretto, assai originale. Tutte e tre sono fermamente intenzionate a comprarlo, proprio nello stesso momento. Grande impasse, ma alla fine saggia decisione: che sia l’artigiana, l’artefice del capo conteso, a decidere a chi assegnarlo. Comprensibile l’imbarazzo, che non le impedisce comunque di stare al gioco: «per scegliere a chi venderla, care signore, vorrei sapere per quale motivo la desiderate tanto».
«Perché è il solo oggetto che mi fa sentire la bellezza nel cuore», esordisce la prima potenziale acquirente, «di cose piacevoli, gradevoli alla vista, ne sono esposte tante, ma solo questo berretto fa risuonare in me il sentimento di una bella armonia». La seconda signora cambia registro. «Desidero regalare questa cuffia a una persona cara perché ciò che abbiamo di più importante, e di più delicato, è senza dubbio la testa e quindi è bene proteggerla. Inoltre, motivo non secondario, un bel copricapo può mettere in evidenza la nostra identità, non certo un paio di calzettoni!». Infine è l’ultima a prendere la parola: «desidero farmi un regalo e questa bella cuffia, tra le tante cose piacevoli in esposizione, mi sembra esprima il miglior rapporto tra qualità e prezzo. Quando desidero soddisfare un mio desiderio cerco di tener conto anche delle possibili conseguenze negative: spendere troppo, o peggio ancora, non essere soddisfatta».
«Care signore, mi mettete in grande difficoltà. Le vostre riflessioni pescano nel profondo di sentimenti e pensieri che si intrecciano tra loro e in ciascuno di noi». La scelta, quasi impossibile, avviene senza più parole: solo un timido sorriso rivolto a colei che si era espressa per prima.
Strano personaggio questa artigiana. Mi piace immaginare che si chiami Diotima, proprio come quella figura sapienziale, unica donna ammessa da Platone al Simposio con Socrate e con i suoi commensali. Socrate ha passato la vita a interrogare l’animo dei suoi «allievi». A cercare, al di là delle azioni giuste e virtuose, al di là delle cose belle, il significato per cui queste cose sono davvero tali. Come non comprendere la pur difficile decisione di questa novella Diotima? In un mondo in cui si afferma tutto e il contrario di tutto ben venga la ricerca di un fondamento di verità, seppur provvisoria e sempre incerta. E ben venga pure il richiamo al sentimento della bellezza, in un mercato globale pieno di tanti begli oggetti, spesso però senza alcun legame con il nostro mondo interiore.
Alle loro spalle tre signori, in verità piuttosto strani e assai démodé, stanno seguendo con molta attenzione la vicenda. Il primo se ne sta incantato a contemplare il cielo stellato che appare improvvisamente in questo freddo imbrunire; e mentre contempla si chiede se ancora siamo capaci di sentire la bellezza dentro di noi, senza perderci in troppi scenari variopinti. Il secondo, pensoso più che mai, se ne sta ancora e sempre a dubitare sulla ragionevolezza dei comportamenti dei passanti. Il terzo, molto più easy, osserva il gran movimento con sguardo benevolo, come se volesse accoglierci tutti nel suo Giardino, per condividere con lui i nostri desideri cercando di evitare ricadute dolorose sempre possibili.
Li avete riconosciuti? Sì, sono proprio loro gli osservatori inattesi: Kant, Cartesio ed Epicuro.
La magia del Natale è anche questo.