Dove andremo nel 2023? All’inizio dell’anno ogni giornale di viaggio prova a dire la sua, proponendo una sorta di oroscopo itinerante, spesso non più attendibile di quelli dei maghi. Nel 2020 (e seguente) la pandemia vanificò ogni previsione; nel 2022 ci pensò la guerra. E tuttavia inevitabilmente si ricomincia sempre da capo.
Per esempio l’autorevole quotidiano inglese «The Guardian» mi consiglia di venire a… Lugano, per imbarcarmi sul battello elettrico «Ceresio» e visitare il sentiero degli olivi di Gandria. In alternativa suggerisce l’isola di Cefalonia, nell’arcipelago delle Ionie, dove ho passato quasi più tempo che a casa mia. Suggerimenti che mi lusingano e confermano le mie scelte, ma non aprono proprio nuove prospettive.
Al di là di questa falsa partenza, questo gioco delle liste d’inizio anno è sempre uguale e al tempo stesso diverso («Same same but different», come dicono in Thailandia). Di solito qualche evento mette in luce una destinazione. Difficilmente andreste a Eleusi (Grecia), Timișoara (Romania) e Veszprém (Ungheria) se non fossero state nominate capitali europee della cultura 2023. E nel 2024 toccherà a Tartu (Estonia), Bodø (Norvegia) e Bad Ischl (Austria). Per lo stesso ruolo l’Italia punta su Bergamo e Brescia, che peraltro si detestano cordialmente, ma hanno condiviso la tragedia del Covid.
«Lonely Planet», la principale guida internazionale, propone invece trenta destinazioni particolarmente interessanti in tutto il mondo, per la prima volta dando spazio a motivazioni diverse: mangiare, viaggiare, connettersi, rilassarsi, imparare. Tra le varie proposte, ho scoperto Accra, affacciata sull’Atlantico nel Golfo di Guinea. Da tempo penso che l’Africa sarà la nuova frontiera dei viaggiatori indipendenti, che negli ultimi decenni, per ragioni diverse, hanno privilegiato invece l’America centrale, il sud-est asiatico o le Stan Countries (Kazakhstan, Tajikistan, Uzbekistan, Kirghizistan, Turkmenistan eccetera). Per molti aspetti l’Africa resta sconosciuta, se appena si va al di là delle questioni migratorie. Sapevate per esempio che la capitale del Ghana, Accra appunto, offre mercati pieni di vita, skate park e spazi creativi per gli artisti, oltre a una vivace scena musicale notturna?
Ogni tanto insomma anche queste liste d’inizio anno permettono di fare qualche scoperta interessante. In altre circostanze tuttavia fanno più male che bene, soprattutto nel caso dei Millennial (o Generazione Y). Nati negli ultimi due decenni del secolo scorso, questi giovani adulti sono cresciuti con Internet e con le liste di viaggi: «Trenta prima dei trenta» (ovvero trenta Paesi da vedere prima di compiere trent’anni) o ancora «i sette continenti prima di avere figli» eccetera. E un safari non viene nemmeno considerato se non prevede l’incontro con tutti i grandi animali della savana, i big five (leone, leopardo, rinoceronte, elefante e bufalo).
Gli esperti parlano di viaggi performativi. Quando gli amici pubblicano sui social foto di anelli di fidanzamento e neonati, le proprie storie di viaggio in Paesi lontani ed esotici possono sembrare un’alternativa efficace. Nella prospettiva dei Millennial, il viaggio deve corrispondere alla nostra immagine pubblica, deve aumentare il nostro prestigio, piuttosto che rispondere a motivazioni più profonde e personali. In questa prospettiva il rapporto con Instagram e la ricerca del selfie perfetto possono diventare il centro dell’esperienza. Quasi la metà dei Millennial sceglie le vacanze in base all’effetto su Instagram perché, come ha scritto un giovane viaggiatore inglese, «penso al selfie che mi farò quando arriverò là e mi fa sentire come se stessi realizzando qualcosa nella mia vita».
Le conseguenze però sono spesso negative. Per cominciare, la qualità del viaggio peggiora quando si riduce a una voce da spuntare in una lista pensata da qualcun altro. Inoltre le destinazioni tendono a essere sempre le stesse, con poche varianti; e dunque affollamento, aumento dei costi, impatto sull’ambiente e sulla qualità di vita dei residenti. Inevitabilmente cresce anche l’insoddisfazione per un’esperienza che nella realtà raramente corrisponde alle foto viste in rete.
Ecco perché il primo punto della nostra lista per il 2023 potrebbe essere: viaggiate senza una lista.