Oratorio di Preda a Ticialett

/ 09.11.2020
di Oliver Scharpf

Scoperto per caso, all’inizio di quest’estate, scendendo giù a rotta di collo nel bosco, dopo una camminata di ore tra un temporale sui pascoli di Gorda e un arcobaleno prima delle pinete di Sorda, vale la pena tornarci. Oratorio segreto, non indicato da nessuna parte, rigenerato, tra il 1977 e il 1980, proprio quando era sul punto di cadere in rovina, dall’architetto-artista inglese Bryan Cyril Thurston. Il sentiero parte alle spalle del cimitero di Ponto Valentino. Ex comune della media Valle di Blenio più conosciuto per le milizie napoleoniche che ogni terza domenica di luglio, per via di un voto fatto dai mercenari bleniesi nel 1812 nella campagna di Russia, sfilano alla festa della Madonna del Carmelo. Dove c’è una casa con un porno cactus gigante e sei nanetti da giardino accanto.

E così, verso mezzogiorno di una soleggiata giornata ai primi di novembre, m’incammino con umiltà su per l’antica mulattiera ripida, cosparsa di foglie morte e ricci quasi tutti vuoti. Passo per passo, dopo quarantadue minuti, con la leggera fatica che snebbia la mente e rende nitido il pensiero, il rudere di una stalla di pietra, mi annuncia l’oratorio selvatico. Bianco calce, quattro quadratini blu cobalto sulla facciata est, il tetto in piode, eccolo là in pieno sole. Sullo sfondo il giallo-oro accecante dei castagni e le cime innevate tra le quali spicca piramidale – almeno credo, nel riconoscere le montagne sono una frana – il pizzo Erra. I quadrati blu cobalto, cinque in tutto, sono le piastre di ancoraggio a vista. Da vicino ammiro il bullone e la vite dipinti: primo segno di spontaneità-colpo di fulmine. Un arco irregolare in pietra, iscritto nella facciata, fa compagnia a due di questi ancoraggi imbullonati che mimano involontariamente o meno, una specie di suprematismo russo. Verso l’angolo a valle, questa percezione è amplificata dall’incontro di altri due quadrati blu con una striscia verticale di un giallo delicato. «Come un raggio dal cielo» scrive in proposito, a pagina centocinquantasette di Landschaft und Architektur (1987), lo stesso Bryan Cyril Thurston. Nato nel 1933 a Leiston, nel Suffolk, e residente da una vita a Uerikon, sul lago di Zurigo, è uno dei primi salvatori, all’inizio degli anni settanta, della Greina. Felci ingiallite ai piedi del piccolo oratorio che mi ricorda di nuovo, per un secondo o due, le Cicladi.

L’Adula, come sempre, è più bianca delle altre montagne. Lo stupore per i viandanti è dietro l’angolo, sulla facciata nord, all’entrata. Qui il blu cobalto e il giallo polenta incontrano il rosso carminio, in una composizione geometrica alla Malevič che mi ha colto di sorpresa, in piena erranza bleniese, il giorno del solstizio d’estate. Colori primari che potrebbero apparire inopportuni, eppure dosati in questo modo, ingentiliscono il piccolo oratorio rinato grazie a Thurston con l’aiuto di amici e della fondazione Pro Patria. Preda in dialetto è un pietra grande, un masso erratico forse, venerato qui nella notte dei tempi ma non si vede in giro e mi sa che si chiami così perché sorge su un promontorio roccioso, tipo la Madonna del Sasso. Dalle grate lasciate arrugginite apposta, s’intravede l’acquasantiera in pietra rosa anch’essa lasciata nello stato originario. La porta in legno, umile come quella di una stalla e dunque magnifica, ha un chiavistello magistrale in ferro battuto che faccio scorrere ora: va come una sposa. Come mi aveva detto una volta un mio amico, a proposito della sua vespa special chiaro di luna appena riparata da un garagista leccese di Carouge.

La modesta bellezza impavida dell’Oratorio di Preda (1077 m), dedicato alla Madonna della Cintura, in località Ticialett, reinaugurato alle due pomeridiane dell’undici ottobre di quarantanni fa, è immutata, vista e vissuta la seconda volta. Appena entri infonde una pace e un piacere estremi. Forse la bellezza oggi è anche maggiore, per via della luce autunnale che entra a quest’ora, dalla lunetta dietro l’altare. Subito a sinistra, c’è appeso il piano del progetto di «rigenerazione» come annotato in matita, dell’oratorio pastorale. Fuor di metafora: era riparo di pastori e capre. Thurston, autoitalianizzatosi a volte, in altri lavori, in Briano Cirillo, ha scarabocchiato poi: «in memory of dr Fritz von Ballmoss». Von Ballmoos, immagino, volesse scrivere; famiglia all’origine della salvezza, mi ha detto un ex sindaco all’osteria, di questo oratorio la cui semplicità e le proporzioni riempiono di grazia. Sbarre grezze di ferro, per il sostegno, sono tocco selvaggio di genuinità. I colori primari sono ripresi, in una misura che non può essere più giusta, ma anche l’utilizzo di pigmenti naturali contribuisce all’armonia. Il pavimento disconnesso e incerto, poesia pura, è qualcosa di rudimentale e solenne che in pochi passi porta ad alzare lo sguardo sulla volta a croce, avvolti dal rosa panna delle pareti affrescate. Tre opere di Thurston alle pareti: due bassorilievi in terracotta simil-lecorbusierianeggianti così così e un collage non male, dove un frammento è la Greina. Un altro mondo che ad alcuni fa pensare un po’ alla tundra e a Thurston invece ricorda molto la Scozia. Il volto della Madonna con la cintura in mano è annerita o forse è una Madonna nera. Il bambino in grembo ghigna, la cintura potrebbe sembrare un serpente. Amo gli affreschi restaurati appena, scrostati, con pezzi mancanti. La descrizione dettagliata dell’altare la tengo segreta, come il contenuto del tabernacolo, ma per me è, senza ombra di dubbio, l’altare più bello del Ticino.