Onde radio, Voyager 2 e microonde

/ 16.11.2020
di Ovidio Biffi

Da non crederci: proprio mentre gli Stati Uniti e il mondo intero si interrogavano sui numeri del duello presidenziale fra Donald Trump e Joe Biden, c’era chi più che ai risultati degli scrutini prolungati in Nevada o in Pennsylvania era interessato a segnali che giungevano dallo spazio. Una prima conferma è giunta dalla rivista scientifica «Nature»: in tre diversi articoli confermava con la sua prestigiosa autorevolezza che vari telescopi sparsi nel mondo e diversi ricercatori in Canada, Cina, Stati Uniti e Australia avevano captato segnali radio provenienti dalla Via Lattea. Secondo i portavoce del team di astronomi impegnati nella rilevazione di questi ascolti, più che di segnali radio bisognerebbe parlare di esplosioni di energia, scientificamente già classificate in passato come «Fast radio burst» (Frb). In pratica sono lampi di onde radio di pochi millesimi di secondo che sinora erano arrivati solo da galassie lontane miliardi di anni luce e quindi impossibili da analizzare. Dal momento che, come ammettono gli stessi ricercatori, sui Frb non si sa ancora nulla, ora si spera che questo esempio verificatosi in un punto dell’universo relativamente vicino (il segnale captato proviene dalla Via Lattea, precisamente da una magnetar, vale a dire una stella di neutroni con un campo magnetico molto intenso), possa ora agevolare le ricerche.

Due giorni dopo questo annuncio, ecco un secondo regalo «spaziale»: la Nasa ha reso noto che la sonda Voyager 2 lanciata nel 1977, uscita dal Sistema Solare due anni fa e ora in volo a più 18,8 miliardi di chilometri dalla Terra, ha dato ancora segni di vita rispondendo a una chiamata emessa da una antenna situata in Australia. Lo strumento fa parte del Deepspace Network, una rete di osservazione spaziale con cui la Nasa segue e guida veicoli spaziali che operano oltre la Luna, attualmente è in fase di potenziamento e grazie all’avvio di due nuovi trasmettitori è stato possibile riagganciare la Voyager 2. L’operazione non era stata decisa specificatamente per contattare la sonda, ma solo in vista delle future missioni della Nasa. Inevitabile che anche questa notizia finisse nel deserto delle notizie «non Covid» e «non presidenziali Usa», nonostante sia risaputo che quello che l’universo ci rivela attraverso le ricerche di astronomi e astrofisici riguardi uno spazio temporale che tocca milioni e miliardi di anni luce e non «lampi di tempo» come risulta essere quasi tutta l’attualità.

A rimescolare un po’ le carte (e a giustificare il mio «quasi») c’è però una terza notizia, non perfettamente databile, comunque emersa anch’essa nei momenti di grande incertezza sul voto delle presidenziali americane. Caterina Doglio, giornalista di TG1 della Rai che seguo su Twitter, ha proposto una curiosa storia a cui ho continuato a pensare mentre mi aggiornavo sui «lampi di onde radio» e sulla nuova antenna della Nasa, volendo verificare le notizie spaziali. La vicenda – riconducibile a un tweet di un sito web (@khamul2k12) che recupera e ritwitta storie perlopiù dimenticate se non strane o sconosciute – risale addirittura al 1998 e riguarda anch’essa misteriosi segnali radio nella frequenza 1,4 GHz, della durata di pochi millisecondi. Venivano captati (quasi ogni giorno) dall’Osservatorio di Parkes, in Australia e gli scienziati si interrogavano da anni sulla natura di queste radiazioni che venivano chiamate «perytons», dal nome di una creatura mitologica immaginata dallo scrittore argentino Jorge Luís Borges, metà cervo e metà aquila. Gli studi accademici pubblicati, nel corso degli anni, dagli astrofisici australiani, ipotizzavano che i perytons fossero dovuti a una stella di neutroni prossima al collasso in un buco nero, in una lontana galassia.

Non mancavano altre spiegazioni: eruzioni solari di tipo sconosciuto, fenomeni elettromagnetici dell’atmosfera e persino messaggi inviati da una civiltà aliena. Nel 2015, un giovane analista informatico appena giunto all’osservatorio di Parkes ebbe la pensata di rivedere tutti i dati riguardanti i precedenti 17 anni e notò che i perytons venivano registrati prevalentemente nelle ore comprese fra le 12.30 e le 14.30. Incuriosito, provò a estendere le ricerche analizzando la banca dati delle fatture pagate dall’osservatorio negli ultimi 20 anni. Tra quelle del 1998 trovò anche la bolla di consegna di un forno a microonde per la mensa e fu piuttosto facile dimostrare che, aprendo l’elettrodomestico prima del termine della cottura, il flusso di radiazioni proveniente dal magnetron veniva bloccato dal sensore dello sportello con una frazione di secondo di ritardo. Quel che bastava a far registrare un «peryton» al sensibilissimo radiotelescopio, costato milioni per scrutare i messaggi dello spazio... Citare e usare questa curiosa storia per cercare di inficiare le novità scientifiche giunte di recente dallo spazio sarebbe irriverente oltre che pretestuoso. Tuttavia, visto che di mezzo ci sono sempre sperduti osservatori astronomici australiani, forse qualche verifica...