Vedova da molti anni, i figli sposati, da quando la banca le regalava ogni anno un’agenda la signora Cristina la usava non per segnarvi i rari appuntamenti (dentista, pedicure, parrucchiere) ma gli altrettanto rari avvenimenti che interrompevano la monotonia della sua vita. A fine anno, prima di metterla via, la sfogliava un’ultima volta. Fu così che si accorse che l’anno appena finito era stato scandito dai funerali. Basta! Non ci vado più! Si disse. Neanche a farlo apposta, due giorni dopo le arrivò la notizia che Olga, la sua più cara e antica amica, era rimasta vedova.
Aiutata dal fatto che Olga abitava a Trieste, Cristina scrisse all’amica di un tempo una lettera accorata, spiegandole che siccome era ancora convalescente da una brutta influenza, non usciva di casa. Faceva le sue condoglianze e si augurava che Olga, espletate le tristi incombenze delle esequie del povero marito, potesse venire a trovarla a Torino, sua ospite. Un torinese capisce benissimo quando un invito è fatto pro forma in ossequio alle convenienze. Olga, torinese ma da troppo tempo a Trieste, aveva però perso la capacità di cogliere le sfumature e perciò, sistemato il marito, si presenta a casa di Olga.
Sorprendiamo le due amiche mentre prendono il tè nel tinello. Il petto di Olga è gonfio di emozione a stento trattenuta nella rievocazione delle ultime ore del marito: «Oreste non ha sofferto, è morto nel sonno. Ma poco prima di addormentarsi per l’ultima volta, ha alzato con uno sforzo la testa dal cuscino, mi ha cercato con lo sguardo e mi ha detto, testuali parole, “Dì a Cristina che”. Punto. Si è interrotto. Io ho insistito: dì a Cristina che cosa? E lui: “Niente, non dirle niente”. È crollato con la testa sul cuscino, si è addormentato e nel sonno è morto. Ora io sono qui a chiederti che cosa mio marito aveva intenzione di dirti. E non mi dire per favore che non ne hai la più pallida idea. Ricordati che sono le sue ultime parole».
La provvidenziale incursione del più grande fra i suoi nipoti, il diciottenne Christian, toglie per qualche minuto dall’imbarazzo la signora Cristina: «Nonna, prestami cinquanta euro, devo andare in discoteca». «Non li ho cinquanta euro. Te ne posso dare trenta». «Vada per trenta». Christian afferra le due banconote che la nonna gli porge e corre via senza ringraziare. «Ah, i giovani d’oggi», commenta Olga, «noi non eravamo così». «Adesso vanno in vacanza insieme, maschi e femmine, quando ancora non sono neanche fidanzati», le fa eco Cristina. «Concubini, altro che fidanzati!».
Terminata l’onda lunga generata dal passaggio di Christian, Olga torna all’attacco: «Stavamo dicendo delle ultime parole pronunciate dal mio povero Oreste...» «Appunto. Le sue ultime parole erano per dire che non c’era più niente da dire...» «Cristina, per favore, non giochiamo con le parole» «Be’, quello che chiami il “tuo” Oreste, prima di essere stato tuo è stato mio». «In che senso, scusa». «Di sensi ce n’è uno solo, mi pare». «Vorresti dire che...» «Succede a tutti, succede tutti i giorni, è successo anche a me». «A me non è mai successo». «Ma va? E il vigile urbano, come vogliamo catalogarlo?» «Quell’episodio non conta, è successo perché era venuto a portarci i certificati elettorali. Era un modo per ringraziarlo, io e il povero Oreste siamo sempre stati dei sinceri democratici». «Per ringraziarlo potevi dargli una mancia». «Brava! Così avrei commesso un reato. Tentativo di corruzione di un pubblico ufficiale». «Adesso capisco i tuoi fuochi d’artificio quando scioglievano il parlamento». «Se è per questo ero contenta anche quando c’era da eleggere il sindaco». «Ecco perché hai fondato la sezione di Trieste del partito radicale, proponevi ogni giorno un nuovo referendum ed eri sempre la prima quando si trattava di raccogliere le firme!» «Ti ricordo che, nonostante i miei solleciti, tu non hai mai messo la tua firma». «Per me era una questione di coscienza».
Olga si commuove: «Sono stati anni fantastici, di intensa vita democratica. C’era una votazione all’anno. Per te è stato diverso. Oreste era il fidanzato della tua migliore amica». «Se proprio vuoi saperlo, io venivo da un brutto momento. Oreste era un uomo sensibile. Aveva intuito che io avevo bisogno di conforto, mi ero appena lasciata con il marito di mia sorella». «Ah, pure lui!» «Pure lui! Pure lui! La famiglia è la famiglia». «Chissà cosa avrà voluto dire Oreste...». Entra nel tinello Federica, l’altra nipote di Cristina. Si avventa sul frigo, s’impossessa del succo di frutta e afferra dal tavolo due tartine.
«Questi giovani non li capisco...» sospira Cristina con l’aria di voler scusare la nipote. «Noi eravamo diversi», commenta Olga. «Il fatto è che oggi non ci sono più valori. E senza valori tu mi insegni che non si va da nessuna parte».