Quando, fra Natale e Capodanno, non ci sono eventi eclatanti da registrare, a volte il fiato lungo della storia sta in piccole cose, notizie cui solitamente diamo poca importanza, che invece hanno il potenziale di svelarci realtà molto più ampie.
Ne scelgo due per spiegarmi meglio: dal 2014 al 2016 la speranza di vita negli Stati Uniti è scesa da 78,9 anni a 78,6, e China Merchant Ports Holdings ha pagato 292 milioni di dollari al governo dello Sri Lanka in relazione al contratto di leasing per il porto di Hambantota.
La prima notizia potrebbe sembrare una curiosità statistica, invece si rivela allarmante, poiché il calo è la conseguenza di una «epidemia da oppiacei» negli Stati Uniti come non si era mai vista prima: 52 mila morti per overdose da eroina o fentanyl nel 2015, 64 mila nel 2016. Non nei ghetti delle metropoli, fra neri e ispanici disadattati, ma nel Midwest, fra i bianchi che hanno perso una prospettiva di vita in seguito alla delocalizzazione delle fabbriche che davano lavoro nella regione – e che oggi votano Trump. In realtà il problema si aggrava dagli anni Novanta, spiegano esperti americani, ma fino a ieri era mascherato dalla diminuzione dei decessi per problemi cardiovascolari. In precedenza, solo nel 1962 e 1963 a causa di una fatale epidemia di influenza e nel 1993 all’apice dell’epidemia di AIDS la speranza di vita era calata. E una superpotenza che non è più in grado di garantire quanto acquisito, in particolare la speranza di vita, è una superpotenza che presenta segni di declino, che in modo crescente dirige l’aggressività al suo interno. Lo vediamo anche nel confronto politico: non solo Trump agisce con totale disprezzo degli avversari (i democratici e qualche repubblicano), ma anche il partito repubblicano, in particolare la maggioranza repubblicana al Congresso, si comporta come se ci fossero solo nemici da sconfiggere e umiliare, cui imporre la legge del più forte. Trump sta smantellando quanto costruito da Obama, quando i democratici torneranno alla Casa Bianca faranno altrettanto. Ma così un paese non può progredire. Non una democrazia, in cui nessuno può avere poteri assoluti. Trump forse invidia Putin, Jinping, Erdogan, Modi, però non potrà mai imitarli.
Chi invece di potere ne ha molto di più e lo utilizza è proprio Xi Jinping, o forse è meglio dire la Cina come potenza in rapida crescita. Veniamo qui alla seconda notizia, il pagamento di 292 milioni di dollari al governo dello Sri Lanka da parte di un’azienda controllata dallo Stato cinese. Si tratta del 30 per cento di quanto pattuito a luglio dell’anno scorso e ufficializzato l’11 dicembre 2017 fra il governo dello Sri Lanka e la China Merchant Ports Holdings: un contratto di leasing valido 99 anni del nuovo porto di Hambantota e la circostante area (cui si aggiunge nelle vicinanze un aeroporto nuovissimo, attualmente inutilizzato, in futuro ad uso semi-esclusivo dei cinesi), per 974 milioni di dollari e promesse di investimenti nel paese per altri 146 milioni. Per la Cina, un ottimo affare: con il Pireo ad Atene e Darwin in Australia, Hambantota sarà uno dei porti in cui passerà la nuova Via della Seta cinese, il sistema di arterie della globalizzazione Made in China che Xi Jinping sta promuovendo. Come un ottimo affare per i cinesi sono anche gli altri progetti multimilionari nelle infrastrutture dello Sri Lanka: non perché generano utili, ma perché il governo di Colombo si sta indebitando talmente tanto con la Cina che deve cedere a Pechino le infrastrutture che le interessano. Un modello che Pechino sta applicando ovunque può. Il colonialismo cinese passa anche attraverso il controllo del debito pubblico degli altri paesi. E se una potenza ha questa forza, significa che è in ascesa.