Ho avuto il raro privilegio di visitare tra i primi la grande sala ipogea venuta alla luce nel corso degli scavi per la nuova linea della metropolitana di Torino. La signorina che mi ha guidato nella visita, un’archeologa giovane e valorosa (e perciò precaria), chiede di non essere citata e a malincuore mi adeguo. Si è anche raccomandata di non dire niente a nessuno. Non sto a descrivervi l’emozione provata entrando attraverso un cunicolo in un ambiente che, se fosse una chiesa sarebbe a navata unica, con volta a botte; ai due lati si aprono numerose nicchie, alcune spoglie e altre riccamente addobbate. Dalla parete di fondo, a metà altezza, aggetta una piattaforma che regge una statua in bronzo alta un paio di metri del dio Taurinus, un torello rampante intento a rosicchiare un grissino.
Non ci sono più dubbi: ci troviamo nel luogo favoleggiato da secoli e che nessuno finora era stato in grado di trovare: il tempio dove veniva praticato l’antichissimo culto della «Torinesità». La nicchia di destra è contornata da un arco con il motto: «Ogni cosa a suo posto e un posto per ogni cosa» ed è dedicata al rito del «Se ne vale la pena». Sullo sfondo di un pannello ricoperto da una trama di locandine di spettacoli teatrali, film, concerti, balletti, cori, arte circense si staccano due automi a grandezza naturale con le tipiche fattezze dei torinesi. Inserendo un gettone nell’apposita fessura si può ascoltare un breve dialogo registrato. Per accentuare il senso della realtà i due automi muovono la bocca in sincrono. Il primo automa nomina il titolo di un evento in programma e poi domanda: «È uno spettacolo valido?». Risponde l’altro: «Conforme. In ogni caso c’è un messaggio forte. Merita. Ma poi non venga a prendersela con me se non le piace». Simmetrica a questa nicchia si trova a sinistra quella dedicata al «Culto delle referenze»; da fessure nel muro escono cartigli più o meno lunghi a seconda delle frasi che contengono. Qualche esempio: «È tanto una brava persona, peccato quel vizio del bere, nessuno è perfetto». «Per essere brava è brava. Specie lontano da oggetti fragili. Addirittura perfetta per una famiglia abituata a mangiare e bere in piatti e bicchieri di plastica».
Troppo lungo sarebbe descrivere tutte le numerose nicchie che si succedono ai due lati del tempio; dirò solo di quelle che più mi hanno colpito. La nicchia dei commercianti che dicono in coro di no a tutte le proposte della pubblica amministrazione. «Volete l’isola pedonale?» «No, i nostri clienti vogliono arrivare in macchina fin davanti al negozio». «Volete abolire l’isola pedonale?» «No, i nostri clienti ormai si sono abituati a venire da noi a piedi». «Volete l’orario di apertura serale?» «I nostri commessi non si fermerebbero e i nostri clienti di sera non escono». «Volete chiudere prima di sera?». «No. Vendiamo più di sera che di giorno». E così all’infinito. Audace è la nicchia detta dei «Direttori del personale»: gli automi che li rappresentano a turno si alzano dai loro scranni e proclamano: «La nostra più che un’azienda è una grande famiglia» e subito dopo fanno manichetta al visitatore che si trova a rivestire il ruolo del dipendente andato a chiedere un aumento o uno scatto di carriera. La nicchia dei «Consigli non richiesti» riproduce la sala d’attesa di un medico di famiglia, con le riviste dell’anno scorso sui tavolini e i propagandisti delle case farmaceutiche che si infilano nello studio del medico non appena apre la porta. Lì i discorsi si intrecciano. Molto istruttiva la nicchia delle «Notizie più che sicure». Molte, com’è ovvio, fanno riferimento all’industria manifatturiera: «È più che certo, non è una fake sui social, a me l’ha riferito mio cognato che ha conosciuto in palestra l’autista del vice direttore: tempo due mesi chiudono baracca e burattini e trasferiscono tutta la produzione in Mongolia, là sono disposti a lavorare 18 ore al giorno pagate 8 e nella loro lingua non c’è la parola sciopero».
Infine, nella nicchia centrale, in fondo alla sala, sotto la statua di Taurinus, sopra un ripiano di marmo che ricorda l’ara dei sacrifici, sono deposte tutte le cose nate a Torino e che da Torino sono state portate via: il cinema, la radio, la moda, la TV, l’aeronautica, il vermouth, l’intelligenza artificiale… Peccato che questa bella sala sia destinata a scomparire: blocca lo scavo della metropolitana e non si può fermare il progresso. I Torinesi tra le tante cose rimpiangeranno anche questa: una in più o in meno cosa cambia?