«Smettila di sognare ad occhi aperti, bisogna sempre guardare in faccia la realtà!» Questo monito svolazza spesso e volentieri tra di noi. Apparentemente intriso di benevola saggezza, vuole metterci in guardia di fronte al rischio di intrecciare realtà e immaginazione, due mondi ritenuti irrimediabilmente lontani. Non rendersene conto è considerato un pericolo perché solo la concretezza dei fatti può essere una bussola affidabile per il nostro agire.
A me pare una saggezza ingannevole proprio perché misconosce e svalorizza l’immaginazione, la cosiddetta capacità di sognare ad occhi aperti, la rêverie insomma, che invece è una dimensione importante del vivere, spesso presente, e per fortuna, nel nostro «guardare in faccia la realtà».
Perché avere paura del «sogno» che attraversa il nostro sguardo? L’immaginazione è una grande risorsa che ci aiuta a vedere ogni cosa con occhi sempre nuovi; questo «sognare» colora le nostre percezioni, i sentimenti, i significati e ci permette, a volte, di cambiare le domande e le risposte che diamo al nostro vivere. Nel camminare dentro una realtà consueta e familiare, l’immaginazione può essere una compagna di viaggio discreta che ci invita a scorgere sempre altri panorami possibili, a riconoscere un altro mondo, forse nascosto e inatteso, in quello che già c’è. Accogliere e coltivare questa sua presenza può significare molto per ciascuno di noi. Innanzitutto significa prestare attenzione al proprio mondo interiore, alla propria intima verità, avere fiducia in ciò che ci suggerisce: una postura nei confronti della vita che ce la fa sentire un po’ più nostra.
Ma l’immaginazione permette un’altra cosa grandiosa, ossia di pensare oltre ciò che già conosciamo, oltre i dati di fatto e le info-conoscenze che tendono sempre più ad avere l’ultima parola e a spegnere il desiderio di cercare oltre. Il pensiero liberato invece, nutrito dall’immaginazione, può contrastare queste gabbie e illuminare di luce propria il nostro sguardo sulla realtà. Una risorsa irrinunciabile, soprattutto nei momenti in cui la realtà esibisce tutto il peso della sua durezza.
Senza infrangere le gabbie di troppe certezze, senza dar spazio all’immaginazione e al suo libero pensare, anche molte «verità» scientifiche non si sarebbero mai potute presentare allo sguardo dell’uomo.
E ciò perché le visioni, nel porsi come alter ego della immediata concretezza, obbligano a non smettere di porsi domande, a continuare a pensare mondi possibili, per comprendere ciò che conosciamo con ciò che ancora non conosciamo, per dare un senso al visibile con ciò che è invisibile.
La storia della scienza ci ricorda che spesso le conoscenze, prima di diventare dati osservabili, sono state il frutto fragile e incerto della capacità di immaginare: puri pensieri, idee coraggiose a prescindere da ogni esperienza della realtà nella sua verificabile concretezza. Cercano altrove e altrove qualche volta trovano.
Il filosofo Gaston Bachelard ha dedicato splendide riflessioni al tema del sogno e dell’immaginazione, giungendo proprio a questa decisiva conclusione: «ogni nuova verità nasce malgrado l’esperienza immediata». E ciò perché la fantasticheria sognante è l’espressione più intensa della creatività umana, in un certo senso è l’aurora di ogni pensiero. Dello scienziato visionario, ma anche del poeta sognatore o dell’artista ispirato, c’è qualcosa in ognuno di noi. C’è l’origine del nostro modo di abitare il mondo.
«Sognando davanti al fuoco – scrive Bachelard – l’immaginazione scopre che il fuoco è il motore del mondo; sognando davanti a una sorgente, l’immaginazione scopre che l’acqua è il sangue della terra e che la terra ha una profondità vivente; toccando con le dita una pasta dolce e profumata cominciamo a manipolare la sostanza del mondo».
Un panorama cosmico sembra dunque offrirsi a ciascuno di noi nei momenti inaugurali del nostro pensare la vita. La continua rimozione dell’immaginario sognatore in nome della concretezza dei dati di fatto impedisce di coglierne il messaggio etico, ovvero l’invito a non rinunciare a quel «conosci te stesso», eterna promessa di un’umanità più consapevole, più responsabile, più libera. Messaggio etico che custodisce in sé anche tante speranze educative, troppo spesso purtroppo disattese.
Allora concludo con una provocazione estrema che vuole però essere solo un invito a continuare a navigare sulle onde dei nostri sogni. Sono le celeberrime parole che Shakespeare fa pronunciare a Prospero nella Tempesta: «siamo fatti della stessa sostanza di cui sono fatti i nostri sogni e nel tempo di un sogno è racchiusa la nostra breve vita».