L’appetito vien mangiando. E così l’Altropologo ci ha preso gusto. Dopo essersi inventato una personalissima Quaresima che gli imponeva l’astensione da qualsiasi dibattito, polemica ovvero controversia che agitasse anche se solo lontanamente temi legati al cicaleccio più o meno di moda. Poi la tentazione di un pronunciamento relativo all’innominabile tema del giorno (ma ormai peraltro sono anni) ha avuto la meglio. Così, assieme ai riscontri di un pubblico preferito poiché attento e dialogante, ha deciso che forse valga la pena allentare le restrizioni ed esplorare nuovi orizzonti altropologici.
Sono ormai anni che nel linguaggio dei mezzi di comunicazione è comparso il termine «narrazione». Presente peraltro ab immemorabili nelle lingue neolatine e cognate indoeuropee, il termine ha acquisito una valenza semantica nuova ed oggi in costante espansione come una supernova che inglobi e travolga ambiti di significato via via più ampi e polimorfi fino a non capirci più niente. Destino comune a quei neologismi di successo che nascono come strumenti espressivi necessari a denotare e connotare aspetti inediti della realtà «là fuori» per poi diventare vittime del proprio successo e finire logorati dal tritacarne mediatico fino a non riuscire ad esprimere più nulla ed essere buttati via assieme all’acqua sporca. «Narrazione»: oggi imperversa in Italiano – anzi: Itagliano – per indicare (mi addentro nella palude guardingo, consapevole e vaccinato) qualsiasi resoconto di una qualsiasi sequenza di causa-effetto che non abbia la cogenza incontrovertibile di una martellata nelle gengive, evento qualsivoglia ovvero sulla «realtà/verità» del quale ci sia ben poco da discutere. Qualora l’accidente X non sia connotato da quel grado di cogenza, il suo gradiente di realtà/verità/attendibilità viene derubricato da «fatto reale» che impone – come dicono gli Alpini dalle mie parti – «porchi e sacramenti» a «narrazione». Termine leggero ed accattivante che evoca affettuosi scenari da veglia invernale nella stalla a lume di petrolio quando si filava e si pipava facendo una corte di sguardi, sorrisini e languide carezze alle ragazze. Erano storie improbabili e provate di streghe e di Anguane, di rospi e cavalieri, di zucche, zucconi e principesse – ma anche di sbronze colossali e altre meravigliose improbabili imprese – con quant’altro fosse passato per la testa dell’affabulatore di turno. Narrative che tutti sapevano benissimo dove iscrivere nel registro della «realtà» quotidiana e praticabile. Ovvero fra parentesi e in un posto apposta che non venisse a interferire col fatto che domattina bisognasse mungere le vacche.
Tali fantasie sono divenute di recente misura della Realtà – o forse è meglio dire che la Realtà stessa è divenuta potenziale Fantasia. Cominciò tutto – ricorda l’ Altropologo – ai tempi della Thatcher. Sì, poiché fu proprio in quello strano Regno di Mezzo Tolkeniano dove è nata la Cultura Moderna Europea (che forse, Dio non voglia, lì morirà) che matura negli anni 80 del secolo scorso l’idea che la rappresentazione della Realtà sia come una Narrazione che ciascun attore della scena racconta democraticamente a modo swicciando/zapp(ing)ando faticosamente fra un canale e l’altro fino a quando non trova la Narrazione che mi trova d’accordo pur se dormo per quella serata-ora-minuto per poi accorgermi che è ora andare a dormire. Chi può. Poi seguirono i giorni di Saddam. Quei giorni costrinsero i sopravvissuti e più incalliti cronisti della BBC (forse ormai i più rintronati ovvero resi saggi dalla farsa ComiTragica delle Falkland) credenti e praticanti in una qualche residua nozione di Realtà Reale ad arrendersi. Il concetto di Narrative/Narrazione nacque allora per allertare chi trovasse il messaggio in bottiglia che quanto scritto lo fosse sulla base di «narrazioni» governative ufficiali, esclusive e controllate – ovvero credute e praticate – la falsità delle quali produsse, deo gratias, la disgrazievole caduta di Tony Blair e dei suoi affabulanti spin doctors.
Esportata sul Continente, ultima deteriorata merce di un mercato mediatico bulimico, il concetto «Narrazione» è oggi quotatissimo urbi et orbi. Nei giorni, minuti e secondi dove il poco, minimo e sia pure infimo che forse-chissà-speriamo è l’Ombra che resta della Verità ovvero Narrazione. Opinione. In sostanza e probabilmente balle.