Alle prime luci dell’alba, non appena la marea punta verso il mare aperto, una nave di Sua maestà Britannica vira di bordo e lentamente punta la prua verso l’Atlantico lasciandosi alle spalle il porto di Plymouth. Al comando del Resolution, una carboniera di 462 tonnellate convertita in nave da esplorazione, era l’ormai attempato Capitano James Cook, il leggendario esploratore dei mari del Sud, al suo terzo e fatalmente ultimo viaggio. In appoggio al Resolution vi era la Discovery, al comando di Charles Clarke che avrebbe salpato il 1. agosto. Si trattava di un’altra carboniera ristrutturata di 299 tonnellate. Navi robuste e marine, le carboniere.
Il progetto iniziale dell’Ammiragliato era stato di affidare il comando al più giovane Clarke affiancato da Cook in veste di Consulente, ma alla fine si erano preferita esperienza e prestigio per quello che nelle intenzioni era un viaggio ai limiti dei mari incogniti. La ragione ufficiale – quella consegnata alla stampa – era che lo scopo della spedizione era di riportare a casa l’ormai popolarissimo Omai. Era questi un giovane Tahitiano di grande bellezza (il suo ritratto per mano di Sir Joshua Reynolds avrebbe spuntato cifre da record alle aste) che aveva ammaliato con le maniere, cortesia e il buonumore l’aristocrazia britannica fin da quando Cook lo aveva salvato da una morte quasi certa per poi introdurlo ai maggiorenti londinesi come una sorta di souvenir di viaggio vivente al termine del suo Secondo Viaggio, nel 1774. Tahiti era, infatti, uno degli approdi previsti nelle buste sigillate da aprirsi solo in mare aperto (prudenza suggeriva che gli equipaggi non sapessero a terra per dove e per quanto avrebbero dovuto navigare) che Cook portò a bordo personalmente assieme a varii cronografi sperimentali e al sestante col quale avrebbe effettuato misurazioni di rotta accuratissime a soli pochi anni dalla scoperta del metodo per calcolare la latitudine che sono in uso ancor oggi. L’unica cosa certa che si sapeva è che si sarebbe dovuto stare in mare per anni e che occorreva vestire gente ignuda: settecento paia di braghe, ottocento paia di scarpe e una quantità di pecore e maiali la dicevano lunga ai più scafati fra i marinai… Dunque le istruzioni erano di andare a cercare il famigerato Passaggio a Nordovest, a Nord, verso i ghiacci dell’Artide che da sempre lo bloccavano e che solo il recente riscaldamento globale ha ahinoi aperto alla navigazione riducendo grandemente i tempi di navigazione. Plymouth, Tenerife, Cape Town, Nuova Zelanda, poi l’interminabile passaggio alle Isole Hawaii su fino alla costa Nordoccidentale degli Stati Uniti e – finalmente – a esplorare lo Stretto di Bering alla ricerca di un Passaggio che si sarebbe rilevato inesistente.
Il 18 gennaio 1778 Cook e i suoi uomini furono i primi europei a mettere piede alle Hawaii, che Cook denominò «Isole Sandwich» in onore del Capo dell’Ammiragliato. Dopo una sosta di tre settimane, Cook riprese la rotta per il Nord. Successivi e temerari tentativi lo persuasero che il passaggio oltre lo Stretto di Bering era bloccato dai ghiacci. Il 26 novembre era dunque di ritorno alle Hawaii. Fu costretto a circumnavigare l’arcipelago per ben otto settimane alla ricerca di un’ancoraggio sicuro. Il 17 gennaio 1779 finalmente fecero fonda nella baia di Kealakekua. Qui furono abbordati dagli indigeni festanti che recavano alle navi di Cook doni di ogni sorta. Il Grande Capo Palea in persona salì a bordo il Resolution e scortò Cook e i suoi uomini a terra. Qui furono trattati con tutti gli onori: banchetti, doni, donne… Cook non poteva sapere di essere capitato nel pieno dei festeggiamenti Makahiki in onore del dio Lono. Con questi Cook era stato identificato dagli isolani e trattato come tale anche per via di certi strani segni e coincidenze interpretati come prove della divinità di Cook.
Non appena partito da Kealakekua, Cook si trovò costretto a tornarvi per riparare l’albero di trinchetto che si era spezzato. Ma se la sua «Prima Venuta» era stata interpretata come Segno Propizio del Dio che Viene, il suo Ritorno al di fuori del tempo rituale fu interpretato come nefasto sconvolgimento dell’ordine cosmico. Quanto in quelle concitate circostanze poi successe è poco chiaro e ancora controverso. Sta di fatto che, in seguito ad una scaramuccia con gli isolani scoppiata dopo una giornata di incomprensioni e malintesi, al seguito di alcuni piccoli furti seguiti da una rissa, il cadavere di Cook rollava nella risacca della baia di Kealakekua sotto lo sguardo esterrefatto ed incredulo degli Uni e degli Altri.
Morale altropologica per il Postino? Mai suonare due volte allo stesso campanello.