Mi sento che soffoco un po’

/ 24.10.2022
di Simona Sala

Fra i mali del nostro tempo vi è senza dubbio quello del traffico stradale, fagocitatore seriale di tempo, nervi, risorse e soldi. In Ticino lo sa bene chi dal sud della Svizzera tra le 6 e le 8 di mattina cerca di raggiungere Lugano o Bellinzona e chi, tra le 17 e le 19 vuole ritornare verso sud: i veicoli allineati e affiancati in coda si trasformano in una sorta di immenso blob variopinto che avanza a passo d’uomo, scansando i lavori in corso e la segnaletica disseminata lungo il tracciato. Quando poi, e non accade di rado, si verifica un incidente – basta un tamponamento anche minimo – la stampa non si esime dal tirare in ballo la terminologia religiosa, alludendo addirittura al sacrificio e parlando di itinerari di «passione» che possono durare anche ore.

Una situazione destinata a non migliorare, come dimostra il quadro stradale giornaliero di Mendrisiotto e Luganese, considerato uno dei peggiori su tutto il territorio nazionale. Una soluzione sembra dunque più urgente che mai, al cospetto delle decine e decine di migliaia di veicoli (secondo le statistiche, in Ticino, gli spostamenti quotidiani per lavoro con mezzi individuali motorizzati sarebbero oltre 150mila) che percorrono giornalmente la tratta dell’A2 in questione, e l’Ustra, l’Ufficio federale delle strade, sembra averla individuata in un allargamento della carreggiata. In altre parole, nell’aggiunta di una cosiddetta terza «corsia dinamica», utilizzabile secondo necessità (dunque sempre?) al fine di fluidificare gli ingorghi, poiché, ha affermato Marco Fioroni dell’Ustra, «a parità di chilometri percorsi, un veicolo incolonnato inquina il doppio di un veicolo che procede a 80 km/h». Il progetto PoLuMe (Potenziamento Lugano Mendrisio) pare quindi a questo punto essere l’unica risposta federale a un problema la cui portata diventa ogni giorno più difficile da gestire, e che sul piatto della bilancia sembrerebbe mettere solamente i già citati tempo, risorse e soldi, mentre salute e benessere generale di cittadine e cittadini, senza contare la qualità di vita, non paiono godere di alcuna priorità.

O almeno, è ciò che hanno voluto sottolineare, manifestando, un gruppo di cittadini e rappresentanti di associazioni di tutela dell’ambiente e del territorio, datisi appuntamento il mese scorso a Riva San Vitale per sfilare parallelamente all’arteria tanto martoriata ed esprimere la propria opposizione al progetto PoLuMe. E forse anche per chiedere, con tale protesta (sebbene PoLuMe sia supportato dalla maggior parte dei Comuni del Mendrisiotto), delle soluzioni votate alla ricerca di vere alternative, come potrebbero esserlo il car sharing o il contingentamento dei veicoli, e, non da ultimo, un ulteriore potenziamento dei mezzi pubblici – oggi ancora troppo spesso affollati all’inverosimile – reale e tale da rendere treni e bus più appetibili del mezzo privato (più veloci, al cospetto del caos negli orari di punta, già lo sono).

Una domanda però, al di là di soluzioni viarie a breve, medio e lungo termine, dovrebbe sorgere anche in chi non è di parte: perché la salute pubblica non entra in considerazione nel caso di progetti di questa portata? Perché, nonostante l’appello di medici che osservano un preoccupante e pericoloso incremento delle malattie alle vie respiratorie in bambini e adulti, soprattutto nel Sottoceneri, la salute viene ancora considerata un semplice e sorvolabile effetto collaterale di questo nostro frenetico vivere del 21esimo secolo?

Con piglio certamente più ironico e azzeccato del nostro, Adriano Celentano lamentava questo approccio ai tempi moderni già nel suo Albero di trenta piani nel 1972, esattamente cinquant’anni or sono: «Non ci devi far caso / se il cemento ti chiude anche il naso, / la nevrosi è di moda: / chi non l’ha ripudiato sarà. / Ahia, non respiro più, / mi sento / che soffoco un po’». Celentano, nella sua ingenuità comunque piena di intuito, ancora prima del boom, della rivoluzione dei trasporti pubblici e di una certa consapevolezza ecologica condivisa, indicava la strada imboccata dall’uomo moderno come quella sbagliata. Nel 2022 invece, c’è chi proprio quella strada la vuole rendere ancora più ampia.