Matrimoni à la carte

/ 08.05.2017
di Cesare Poppi

Padre Hans H., parroco della missione cattolico-romana di T., nel Ghana Nordoccidentale, passeggiava nervoso su e giù per la veranda della missione. Non si dava pace: per l’ennesima volta aveva saputo che Dismas, il suo fidatissimo catechista, lo stesso che lui aveva battezzato vent’anni orsono col nome del Buon Ladrone, quando i cristiani nella regione erano scarsi come le biciclette, era stato visto banchettare con entusiasmo con le carni di una vacca sacrificata a non si sapeva quale delle cento e più Divinità mobilitate a difendere il villaggio dalle cento e più divinità contrarie intente invece a farlo fuori ad ogni costo. «Ich kann nicht verstehen!» ripeteva, intercalando con imprecazioni in dialetto bavarese anche di grosso calibro che – a suo dire e in risposta ad un’obiezione dell’Altropologo sul decoro di un prete – non contavano come tali perché quando non si capisce quel che uno dica è come non l’avesse detto.

«Non riesco a capire: l’ho battezzato con le mie mani, gliel’ho ripetuto cento volte che così non si fa, gli ho fatto imparare la parabola del servo di due padroni a memoria eppure non conta niente: appena può va a riempirsi la pancia con la carne sacrificata ai suoi feticci e poi, il giorno dopo, bello come il sole si presenta a Messa e riceve la Santa Comunione! Vorrà dire – aveva concluso una volta che era particolarmente furioso – che la prossima volta che viene a confessarsi, invece dei soliti tre Pater, Ave e Gloria gli do per penitenza di restituirmi la Bicicletta del Catechista!». Ingiungere a Dismas di restituire la Bicicletta del Catechista, nota in tutta la parrocchia grande come mezzo Canton Ticino per la sua velocità (per altro dovuta ad un certo amuleto consacrato al Dio del Fulmine nascosto nel coperchio del campanello, come mi aveva confessato lo stesso Dismas preso dal rimorso una volta che avevamo esagerato con la birra) era come condannare Vettel a spostarsi in monopattino per il resto della vita: in sostanza un’inutile crudeltà. Insomma: Padre Hans H. non aveva capito niente del cosiddetto «paganesimo», e a poco era valso che l’Altropologo avesse provato a spiegarglielo in più di un’occasione.

Quelle che chiamiamo le «Religioni del Libro», ovvero religioni rivelate, si basano sul principio che tutto ciò che non rientra nel canone da queste previsto è da considerarsi falso e menzognero. Come sta scritto nel testo fondamentale delle tre religioni abramiche, da quasi sempre ai ferri corti le une con le altre proprio in virtù delle loro affinità elettive di base – e parlo di Giudaismo, Cristianesimo ed Islam – «Jahvè è un Dio geloso». Non così i «pagani»: l’esercito romano aveva un’unità dei servizi segreti che aveva come compito di scoprire i nomi degli dèi dei nemici, onde offrire loro sacrifici per corromperli e portarli dalla parte dei Quiriti. Né gelosi né incorruttibili: gli dei pagani vanno a servizio di chi meglio li riconosce e li festeggia, come bene sa Dismas che passa dal Dio delle Biciclette a quello del Fulmine a seconda delle circostanze.

«Dove andrete a sposarvi?» – domandava l’Altropologo a Y.&Y., una simpatica coppia di giovanissimi fidanzati giapponesi in una pausa dell’ormai storica visita del medesimo a Kobe, Giappone. Si schermivano ridendo nervosi e imbarazzati senza guardarsi e senza guardare l’interlocutore. Cosa ci fosse mai da ridere… Naturalmente mi aspettavo mi dicessero il luogo dove si sarebbero sposati: sapevo che i matrimoni giapponesi sono happening costosissimi, eventi da stadio, susseguente bancarotta e strascichi di recriminazioni senza fine – insomma, roba da altropologia. Dai e dai, tira e molla: era venuto fuori che i Nostri non sapevano ancora se sposarsi secondo il rito Shinto tradizionale, quello offerto dai Bahai, quello proposto dai Luterani, dagli Avventisti, dagli Evangelici, dai Cattolici Romani – con un pensiero anche agli Anglicani che – a loro dire – si erano messi sul mercato dei matrimoni da poco con un pacchetto in offerta molto attraente. Insomma: era venuto fuori che in Giappone le varie Chiese offrono di condurre la liturgia matrimoniale in cambio di una confessione di fede anche solo nominale – ed un generoso contributo in offerta «per le spese e la pompa magna». Sono – pare – specialmente le piccole chiese protestanti di origine statunitense in difetto di pubblicità (ed anche di fondi) ad offrire le cerimonie più stravaganti.

Così una coppia come Y.&Y. può presentarsi ad una delle tante Case del Matrimonio che offrono «servizio completo» e scegliere, oltre al menù del pranzo ed una Luna di Miele a Venezia «caffè e ammazzacaffè compreso», anche quale servizio religioso suggellerà la loro unione. Y.&Y. – giovani con già un certo reddito a disposizione – erano orientati per il rito Shinto «per i nonni e gli Antenati» in prima battuta seguito da una liturgia cristiana in secondo luogo «perché il nostro secondo nome è un nome cristiano». «Romeo e Giulietta, forse?». Ridevano imbarazzati. La sera avrebbero guardato i video delle cerimonie matrimoniali fornito dalla Casa dei Matrimoni per decidere quale dio propiziarsi. E pensare che i Romani avevano i servizi segreti… meraviglie dell’Alta Tecnologia.