Negli ultimi anni siamo diventati una terra di giallisti. Un fiume di noir, thriller, spy-story ha invaso gli scaffali delle librerie. Effetto Camilleri- Montalbano? Influenze nordiche? Cupe suggestioni gotiche? Lasciamo agli specialisti del genere la risposta, ma probabilmente per decifrare quest’esplosione editoriale converrà rivolgersi ai sociologi della letteratura più che ai critici letterari. Fenomeno comunque degno di attenzione, segno di un mutamento in corso nel nostro microcosmo delle lettere, finora restio ad abbandonare la tradizione, il cànone ereditato dalla linea lombarda e poi coltivato lungo tutto il Novecento con i classici studiati sui banchi di scuola. Ma ecco che alla suddetta pattuglia si è ora venuta ad affiancare la «concorrenza» degli ex-procuratori: Carla Del Ponte, Natalia Ferrara, Dick Marty. Qui, evidentemente, non siamo più nel campo della fiction, ma in quello, ben più realisticamente ruvido, dell’esperienza vissuta, della memorialistica e dell’autobiografia; qui si entra nei meandri meno commendevoli della convivenza civile. Sono dispacci inviati dalla linea del fronte e dalle aule dei tribunali, all’interno di un sistema di relazioni multiple, locali e globali, lineari o spiraliformi. Infatti la criminalità organizzata non conosce confini o spazi vergini. Col tempo ha imparato a sfruttare i vuoti legislativi, indossando i panni della persona per bene e frequentando i salotti buoni. Fondamentale è cancellare le tracce e infiltrarsi nelle istituzioni senza dare nell’occhio.
Dick Marty, nel volume uscito prima in francese e poi in italiano (Una certa idea di giustizia , edizioni Casagrande), ci offre una casistica che va ben oltre la dimensione penale dei casi. Marty, in qualità di presidente della commissione per la tutela dei diritti dell’uomo del Consiglio d’Europa (istituzione fondata nel 1949; la Svizzera vi aderì soltanto nel 1963), ha avuto modo di visitare molti teatri di guerra e regioni di crisi, dalla Cecenia ad Haiti, da Cipro al Ruanda. Missioni che gli hanno permesso non solo di misurare le conseguenze dei conflitti sulla popolazione civile, ma anche di conoscere le logiche che li scatenano, in primo luogo gli interessi economici e politici, interni ed esterni. Spesso la miccia che accende lo scontro guizza dentro comunità fragili, dove il diritto è ridotto ad arbitrio, e dove le classi dirigenti, corrotte e avide, prosperano sulla miseria dei più. Il fatto è – sottolinea Marty – che molti di questi paesi devastati dalle guerre, dall’Africa all’America latina, sarebbero sulla carta ricchissimi, zeppi di risorse preziose e di metalli rari, tutte quelle parti che permettono ai nostri dispositivi di funzionare. E invece prevalgono il saccheggio e la schiavitù, pratiche tollerate se non incoraggiate dalle grandi multinazionali. Il racconto di Marty procede a cerchi concentrici, proprio come i traffici che il crimine riesce di volta in volta ad architettare con mezzi vieppiù sofisticati, in base alle richieste del momento: la droga, le armi, gli organi per i trapianti… non esiste ambito che possa considerarsi al riparo dal contagio. Come sempre, per scoprire trame e canali, occorre «seguire il denaro» in transito da uno snodo all’altro, soldi che alla fine approdano su conti anonimi nei paradisi fiscali. Per la magistratura inquirente seguire le strade del riciclaggio vuol dire affrontare un labirinto disseminato di scatole cinesi…
C’è infine il risvolto forse più inquietante, per chi ancora serba in sé un ideale puro della giustizia: la sordità, i silenzi, l’omertà delle più alte istituzioni di fronte alle violazioni più crasse dei diritti umani. Complicità presenti non solo in regimi che mai hanno conosciuto una vera democrazia, ma anche nell’Occidente figlio della civiltà giuridica, con in testa gli Stati Uniti, maestri nel sospendere i princìpi fondamentali dando mano libera alla CIA. Marty ha pagine severe sui metodi adottati dagli americani per combattere il terrorismo; metodi che comprendono i sequestri di persona (le famigerate «consegne straordinarie»), la detenzione illegale in prigioni segrete, la tortura. Cedimenti esiziali, una tomba per il primato del diritto.
Il lettore troverà nel libro, oltre ai resoconti delle indagini e ai rapporti redatti per conto del Consiglio d’Europa, anche uno spaccato della «forma mentis» dell’autore, le sue simpatie/ antipatie per alcuni (sconcertanti) personaggi incontrati durante i viaggi, i suoi moti d’indignazione per situazioni di palese sopruso coperte dal segreto di Stato. Marty non nasconde le sue ascendenze ideologiche, più radicali che liberali, nate nel secolo dei lumi e poi confluite nell’alveo del liberalismo ottocentesco. Una riflessione fondata su solidi studi giuridici e nutrita di non estemporanee letture, tra le quali spiccano, a sorpresa, le opere di Gramsci (un comunista, seppur eretico a suo modo). Una lettura piacevole, spesso avvincente, e una testimonianza venata di forte tensione morale.