Cara Silvia,
mia mamma ti legge sempre e spero che la mia lettera, se la pubblicherai, l’aiuti a capire che non sono più una bambina. Sono cresciuta (ho quattordici anni e mezzo) e voglio che se ne accorga e finalmente mi lasci libera di vivere la mia vita senza starmi addosso, senza proibirmi questo e quello: no i leggings, no la minigonna, no le scollature, no i tacchi alti.Solo Jeans, magliette e felpe, preferibilmente blu. Mio padre poi è ancora peggio! Col risultato che sono invisibile, nessun ragazzo mi guarda, come se fossi trasparente. Forse perché sono troppo alta, troppo magra, ho troppi capelli e troppe spalle, ma tu come mi trovi? / Mara
Troppo giovane. A parte gli scherzi, ti capisco, conosco la tua infelicità per averla provata ma so che è un male di passaggio e che il vento della vita soffia a tuo favore. Ora però stai soffrendo e accusi i genitori che, per proteggerti, cercano di trattenerti nell’infanzia, di ritardare il momento in cui dovrai affrontare il mondo, gli altri, con le tue forze.La crisi è aggravata, a quanto scrivi, dal confronto con una compagna di classe, Anita, molto evoluta e spregiudicata. Anita si veste e si trucca da discoteca, parla sboccato e (ahimè!) porta la terza di reggiseno. A suo dire ha già avuto sei ragazzi e baciato settantacinque volte. Ma tu, cara Mara, ti bevi tutto? Non hai mai sentito parlare delle bugie, delle frottole?Vorresti imitarla, diventare come lei: la più desiderata della scuola.
Ma questo tipo di ammirazione ha spesso un risvolto negativo perché i ragazzi della vostra età o poco più hanno paura delle coetanee spigliate e vistose, si sentono sfidati a conquistarle e al tempo stesso temono di essere impreparati al gioco della seduzione. Per cui preferiscono ammirarle da lontano, o denigrarle, per non rischiare l’insuccesso e il ridicolo. Se potessero confidarsi, cosa che non sanno fare, snocciolerebbero, come te, il rosario del troppo e del troppo poco. Gli anni della preadolescenza vanno considerati un’anticamera in cui sostare prima di uscire dal guscio protettivo della famiglia, prima di mettersi alla prova e comprendere davvero chi si è e che cosa si vuole.
I bambini cercano di essere come gli altri, di uniformarsi, omologarsi. Gli adolescenti invece aspirano a differenziarsi, a diventare se stessi, a capire chi sono e che cosa vogliono. È un compito specifico dell’età. Per raggiungere questo traguardo però, cara Mara, devi uscire, come stai facendo, dal ritratto con cornice dorata che la famiglia ti ha dipinto addosso, sottrarti alle aspettative e alle pretese dei familiari. Ma senza dimenticare il bene ricevuto, le attenzioni con cui ti hanno accompagnato, l’amore che le loro premure esprimono, il bisogno di sentirti protetta. Li accusi, oltre a importi un abbigliamento conventuale, di averti fatto fare troppo sport, di averti costretta con le buone e con le cattive a suonare il piano, di non lasciarti uscire la sera con le amiche, di averti spedita ogni estate in un tetro College in Scozia per perfezionare l’inglese.
Ultimo e estremo tormento: l’obbligo di mangiare ogni giorno verdure, come fossi una capra tibetana. Imputazioni destinate a cadere quando i tuoi occhi si punteranno sul futuro piuttosto che sul passato. Verrà il momento in cui, senza entrare nel catalogo delle «divine», sarai desiderata per quello che sei e potrai diventare. Nel frattempo non stare sulla difensiva, non disperdere energie nel rancore e nel rimpianto di ciò che avrebbe potuto essere e non è stato. Evita di confrontarti con il tuo contrario: non sei Anita e non lo sarai mai, neppure dovessi raggiungere la medesima taglia di reggiseno!
Tua mamma, credimi, non è la tua peggior nemica ma un’alleata con cui patteggiare. Lo stile di famiglia non è soltanto un’imposizione ma è anche una componente della tua identità. Inavvertitamente ne sei stata plasmata e non serve negarlo e rovesciarlo: meglio trasformarlo progressivamente senza aprire inutili vertenze. Per fortuna i tempi sono cambiati e le giovani non stanno più in casa ad aspettare il Principe Azzurro, si guardano intorno e quando individuano qualcuno che accende il loro interesse, che fa palpitare il cuore, escogitano sempre il modo di farglielo sapere.
Magari trovandosi sui suoi passi e salutandolo con un sorriso oppure, di questi tempi, scrivendo un «mi piace», corredato da un simpatico Emoji, sul suo profilo Facebook. In fondo, vedrai, siamo sempre noi donne a scegliere da chi vogliamo essere amate, da chi vogliamo essere baciate, magari evitando, al contrario di Anita, di tenere la contabilità degli incontri e dei baci. Le cose che contano non si contano! Auguri, piccola grande Mara.