Pam! Paff! Pam! I colpi si susseguono con perfetta regolarità. Ogni tanto una pallina finisce lontano, ma il color giallo permette di ritrovarla presto per continuare la partita che si svolge quasi interamente nella fantasia di Victoria o – per chi non la conosce per nome – della governante di villa Collinetta.
Roger Federer ha vinto per l’ottava volta il torneo di Wimbledon. Quasi a tutti non sembrava possibile, qualche mese fa, che il tennista elvetico potesse riuscire in un’impresa del genere, a 36 anni compiuti. Ma il campione ha saputo gestire con molta professionalità uno dei momenti più delicati della sua carriera.
Non per nulla alle sue spalle c’era un vero e proprio popolo di fan. Gli addetti ai lavori più scrupolosi hanno calcolato che i tifosi del basilese sono molti anche fuori dalla terra elvetica. Gli stessi inglesi preferiscono vedere lui trionfare sulla magica erbetta londinese piuttosto del sempre accigliato Andy Murray, pur sempre scozzese.
Il torneo dell’imperatore Federer – c’è chi preferisce definirlo così piuttosto che ripetere lo scontatissimo «re» – è stato senza errori. Non un solo set perso, ma alcuni incontri di rara bellezza. Basta coi servizi che schiacciano l’erba e rimbalzano in modo imprendibile: per tutti gli avversari dal braccio forte e fermo, Roger ha avuto mirabili risposte.
Lungolinea da lasciare allibiti gli stessi contendenti; diagonali inattese; servizi non fortissimi ma sulla linea. Sulle tribune le più anziane fra le sostenitrici, del ragazzo perbene che è Federer in ogni situazione, avrebbero voluto tornare a essere ragazzine, inalberando striscioni e cartelli originali, non di meno dei loro compagni. Eccoli sorridere sui colpi magistrali del nostro Roger, lanciando tutti insieme degli «oh!» di meraviglia.
Dal canto mio potevo solo immaginare invece la commozione che tradiva Donna Michelle a ogni colpo, vincente o sbagliato che fosse. Victoria del resto, accompagnata dal Labrador di villa Collinetta, era certa che Federer sarebbe giunto vittorioso sino in fondo. Victoria aveva, infatti, capito da tempo che i rovesci benedetti del giocatore, che ormai amava come la sua giovane e bella padroncina, avrebbe avuto vita facile in finale. Anche perché il croato Cilic tradiva un malessere sempre più evidente negli spostamenti. I suoi micidiali servizi – suo punto forte contro ogni avversario – erano perlopiù fuori misura e le risposte non erano da meno.
Victoria, pur di non assistere a quel match, era scesa in cortile armata di racchetta e palline da scagliare contro la grande porta in legno del garage. E pam!, e pam! E ancora pam! Il Labrador la seguiva ammirato. Anche lei stava vincendo la sua finale. Avrebbe voluto essere allo stesso tempo il forte Federer e la bella Garbine Muguruza (nella foto, con il nostro), la connazionale autrice di uno splendido finale di torneo vinto quasi con la sicurezza di Roger. Il quale non ha ballato con lei «violando» la prassi della serata coi festeggiamenti dei vincitori. Colpa di un po’ di gelosia, o altro? Sappiamo però che Roger ha festeggiato fino a notte inoltrata con i suoi vecchi amici…
Forte di questa spinta, ecco Victoria aumentare la violenza dei colpi che rimbombavano all’interno dell’autorimessa. Com’era bello giocare, anche a quarant’anni!
Donna Michelle, nel delirio contenuto di Wimbledon, dove non c’era stata partita, ha trovato il tempo per telefonarmi: «Mi raccomando, continua a scrivere del nostro».
Io ho replicato che i miei 36 anni erano ormai lontani nel tempo. «Non ce la faccio più. Sono vecchio e un po’ malandato. Per questo ringrazio Federer che mi ha permesso di chiudere la sua storia fuori dal court. Ormai è un papà che commuove gettando un’occhiata alla sua bellissima doppia coppia di gemelli. Lontani i tempi in cui si rivoltava nell’erba dopo aver battuto pure Björn Borg in un’attesa finalissima».
«Come, come?», Donna Michelle non è affatto d’accordo con questo tentativo di uscire di scena. «Ci sono ancora gli Open USA. Che fretta hai, così all’improvviso?»
«Te l’ho già detto e ripetuto più volte: ho il doppio degli anni di Roger. Credo anch’io che egli possa sorprenderci ancora una volta, con quel suo gioco divino. Lo hanno detto tutti, sia i detrattori – ce ne sono stati – sia i dubbiosi. E il grande Gianni Clerici lo descrive ora come un imbattibile, superiore perfino alla splendida stella che è stato Rod Laver, l’australiano ricco di stile e di colpi già allora fantastici. Un suo collega, esagerando alla ricerca dell’originalità, lo invita a salire su Marte, per vedere se c’è ancora un avversario in grado di impensierirlo. O sono intimiditi anche lassù?»
Quanto a me sono intimidito sempre da Donna Michelle, che mi fa battere il cuore un po’ più forte ogni volta che la vedo. Mi sa che dovrò scrivere ancora su Federer in futuro, a meno che, ormai scoppiato, non decida di salutare tutti, anche la dolcissima fan di Roger Federer.