Lugano: l’inganno della grandezza

/ 06.08.2018
di Luciana Caglio

Parafrasando il titolo di un bel film dei fratelli Coen, Lugano è un paese per vecchi. E non è la solita battuta di un giornalista d’oltre confine che ironizza su quell’atmosfera da casa di riposo, simbolo di una noia tipicamente elvetica. Si tratta di un dato ufficiale, pubblicato nell’opuscolo «Lugano in cifre 2018», che registra una situazione anagrafica reale e, alla città del Ceresio, assegna addirittura un primato sul piano nazionale. Nella categoria dei dieci principali centri urbani, è quello con la più alta presenza di anziani. Ne consegue un’età media di 45,1 anni, sensibilmente superiore, rispetto a Losanna e a Zurigo, dove, fra il 2010 e il ’17, la media è calata da 43 a 38 anni. Mentre, a Lugano, si accentua la tendenza opposta. Ciò che comporta un cambiamento d’immagine, ancora in fieri, che stravolge le precedenti. Classica località turistica, persino una sorta di avamposto meridionale, poi efficiente city finanziaria, si ritrova, adesso, con l’etichetta di luogo, destinato a una popolazione, sempre più longeva. Che fa sentire le proprie esigenze: tranquillità, sicurezza, servizi funzionanti e cultura. 

Ora, è proprio in questo ruolo di «paese per vecchi», che Lugano ha fatto, ampiamente notizia, portando alla ribalta della cronaca una città, toccata più di altre, da un fenomeno di stringente attualità, alle nostre latitudini. Si vive più a lungo e si nasce meno, come avviene appunto in questa bella città: a crescita zero, dal profilo demografico. Comunque, non si arrende. Anzi, si dà da fare, per attirare, con adeguate strutture, studenti, ricercatori, specialisti, in altre parole ospiti qualificati e portatori di vitalità. Si sta, insomma, dimostrando «Un’ anziana innovativa», come l’ha definita Dino Stevanovic, sulla «Regione». 

Il tema doveva trovare un particolare risalto nei media d’oltre Gottardo, dove Lugano è stata definita un «Sonderfall», un caso a sé, e non solo in quanto «paese per vecchi». Addirittura un «unicum», per l’assetto politico, come rileva, compiaciuta, la «Weltwoche», in un servizio intitolato «Roccaforte di destra». Sarebbe, infatti, la sola grande città svizzera, governata da un municipio borghese. E gli effetti positivi si vedono. O, almeno, li ha visti Katharina Fontana, autrice di un singolare reportage su una Lugano, non contagiata da una modernità sinistrorsa. E quindi, nelle sue strade, incontra pochi uomini barbuti, pochi zainetti, poche biciclette, nessun ristorante vegano. Ha addirittura la fortuna, beata lei, d’imbattersi in uno «chic d’ispirazione italiana». E via enumerando altre fantasiose amenità, suggerite da uno zelo ideologico che è sempre cattivo consigliere.

Sulle stesse pagine, a onor del vero, un’intervista con Matteo Caratti, corregge il tiro, spiegando, ai concittadini d’oltralpe, lo sconcertante fenomeno Lega: nato, cresciuto e poi «imborghesito», proprio a Lugano. Infine, sempre sul settimanale zurighese, la parola passa a Marco Borradori, figura emblematica di quest’evoluzione leghista, dalle barricate alle poltrone del potere. Per sua natura portato all’ottimismo, questo sindaco sorridente non può, tuttavia, evitare un tormentone del momento: i commerci che non fanno più affari, o addirittura chiudono bottega. E chiedono interventi all’ente pubblico che, in una libera economia di mercato, non può adottare misure protezioniste a oltranza. In realtà, e vi ha accennato lo stesso Borradori, «Lugano non è Londra, Milano o Zurigo». In parole povere, è una piccola città che, attraverso le aggregazioni, ha subito un’espansione territoriale persino anomala: una superficie di 75,8 km2, sparpagliata e discontinua, dal lungolago alla Val Colla, a Carona, escludendo Paradiso e Massagno.

In pari tempo, negli anni del boom bancario, si sviluppava una mentalità ispirata alla «grandeur», che favoriva l’arrivo dei marchi del lusso internazionali: negozi che, abitualmente, erano di casa in via Condotti, in Bondstreet, sulla Madison Ave. E, al loro seguito, una pletora di negozi e negozietti di settore abbigliamento, sproporzionato rispetto alla popolazione e ai turisti che, oltretutto, a Lugano circolano in canottiera e ciabatte. Si continua ad assistere a una visione deformata delle dimensioni reali una città, adesso di 68,677 abitanti, ai quali, fra luglio e agosto, si propongono 500 cosiddetti eventi. Un record, ispirato a una grandezza: illusoria.