L’Ue? Senza l’America nulla è facile

/ 07.09.2020
di Paola Peduzzi

Le intimidazioni non serviranno a nulla, ha detto Sviatlana Tsikhanouskaya, sfidante del regime di Minsk, al Parlamento europeo, la Bielorussia si è svegliata, la sua rivoluzione pacifica vuole restaurare i valori della democrazia e del dialogo che fanno parte della sua cultura europea. Le intimidazioni non serviranno a nulla, ha detto Angela Merkel, cancelliera tedesca, denunciando l’avvelenamento con il Novichok dell’oppositore al regime di Mosca Alexei Navalny, questo è un crimine contro i valori fondamentali che noi difendiamo.

Il mese di agosto ha segnato un’altra svolta dei rapporti tra l’Europa e la Russia e del ruolo che l’Europa può avere nel mondo nel difendere i valori occidentali. La rivolta in Bielorussia contro il regime di Lukashenko ha mostrato ancora una volta la forza del risveglio democratico, improvviso, potente come solo le lotte per la sopravvivenza sanno essere. L’Unione europea si muove cauta: il precedente ucraino è lì come un monito, con la sua guerra permanente e logorante a dimostrare che l’attrazione europea ha bisogno di sostegni concreti se vuole battere le intimidazioni. La cautela non è quasi mai bella da vedere, si trasforma quasi subito in disattenzione, o peggio disinteresse. Ma la stessa opposizione bielorussa chiede questa cautela, tiene le bandiere europee nell’armadio perché sono rischiose, possono sembrare un drappo rosso buono per una corrida con la Russia destinata a fare male. Il gioco di sguardi resta l’unica alternativa, mentre la piazza bielorussa prova a farcela da sola, con le sue donne vestite di bianco che fanno rotolare zucche davanti ai palazzi del regime – il simbolo, nella tradizione, dell’abbandono di fidanzati noiosi – e che sconfiggono con le loro file per abbracciare i poliziotti il padre-padrone che continua a mostrarsi imbracciando il mitra.

La piazza bielorussa combatte le intimidazioni così, con la sua non violenza ostentata: non diventeremo come voi scagnozzi del regime. Mosca guarda e dispone, invade i media per alimentare la propaganda, nasconde le donne e gli studenti e gli operai con le tute perché ne riconosce la forza rivoluzionaria. Non si sa quanto Putin tenga a Lukashenko, di certo tiene al feudo bielorusso e tutto farà per non farlo cadere in mano dell’Europa.

Perché la sfida è tutta qui, non cedere all’Europa. È il motivo per cui Mosca ha cercato di evitare il trasferimento di Navalny in Germania fin all’ultimo, trincerata in quel camuffamento e negazionismo che la serie tv Chernobyl ha di recente riportato alla memoria (e la scienziata che ha capito tutto è bielorussa). E quando la Germania ha scoperto che per avvelenare Navalny è stato utilizzato il Novichok – un agente nervino di produzione militare russa, non facile da reperire, non la produzione di un laboratorio qualsiasi – Mosca ha detto che i suoi esami tossicologici non avevano rivelato nulla di simile, e che anzi non c’era veleno, come a dire: è un complotto contro di noi. 

Ma quest’ultima intimidazione sulla pelle del leader dell’anticorruzione, il volto della lotta a Putin e al putinismo, ha scioccato il governo tedesco che già era in guerra diplomatica russa per via dell’omicidio di un cittadino ceceno in un parco di Berlino per mano – dicono gli inquirenti – di un sicario russo. A giugno la Merkel (foto), dopo aver espulso due funzionari dell’ambasciata russa, aveva parlato di nuove sanzioni possibili contro una Russia già sotto sanzioni per l’Ucraina e l’annessione della Crimea. Poi la questione si era persa di fronte alle tante altre incombenze da pandemia, ma ora è tornata urgente: ci vuole un’azione coordinata dell’Ue e anche della Nato, che è lo spettro contro cui combatte la Russia (e anche Lukashenko che ripete che l’alleanza vuole prendersi la Bielorussia).

Il rapporto con Mosca e Putin si intreccia con tutte le variabili geopolitiche che possono venirvi in mente, in particolare la rielezione di Donald Trump in America, il presidente più esposto sulla questione russa. Trump pensa – proprio come Putin – che il mondo sia ossessionato dalla Russia e che questa ostilità bisognerebbe piuttosto rivolgerla verso la Cina. Soprattutto, Trump ha lavorato contro la Nato e i suoi membri scrocconi e in particolare contro la Germania, con l’ultimo dislocamento di truppe voluto contro il parere di tutti i militari.

Cosa riuscirà a fare l’Europa in sede comunitaria e all’interno della Nato verso la Russia segnerà non soltanto i rapporti con Putin ma anche l’ambizione da superpotenza del continente. E no, senza America nulla è facile.