L’ospite di lusso: ambìto e imbarazzante

/ 11.03.2019
di Luciana Caglio

In una stagione già favorevole per il turismo nelle più rinomate stazioni invernali svizzere, l’addio al celibato di un miliardario indiano, celebrato lo scorso febbraio a St. Moritz, ha rappresentato l’evento top. A un settore, vanto nazionale, offriva l’occasione per confermare la propria efficienza gestendo una singolare emergenza. Cioè la tre giorni di 850 ospiti di riguardo, da sistemare adeguatamente in alberghi e residenze, ma non soltanto. Con loro oltre ai bagagli sono arrivate le attrezzature per un provvisorio luna park, con tanto di ruota panoramica e banco di lancio per fuochi d’artificio, che hanno occupato terreni e spazi pubblici accessibili, però, a tutti. Popolazione locale e comuni turisti erano, infatti, invitati a partecipare, sia pure marginalmente, a festeggiamenti fiabeschi, che erano sfizi privati, qualcosa senza precedenti paragonabili, alle nostre latitudini. Uno sfarzo da oltre 100 milioni di franchi, cifra assurda, comunque dagli effetti concreti per St. Moritz, l’Engadina e infine la Svizzera. Sia in termini pubblicitari: la festa ha fatto ampiamente notizia nei media mondiali. Sia per le ricadute sul piano economico sia sul mercato del lavoro. Richiesti, in particolare, cuochi da addestrare alle specialità della cucina indiana, e poi, parrucchieri, estetiste, personal trainer, venditrici di boutique, e via enumerando attività, destinate a soddisfare una clientela, notoriamente esigente, magari viziata.

Ed è a questo punto che l’auspicata presenza di ospiti di lusso disposti a spendere senza badare, una manna per albergatori e negozianti, si è rivelata imbarazzante. Tanto da provocare, in un crescendo, reazioni di disappunto e di critica rivolte innanzitutto alle autorità grigionesi, troppo arrendevoli ai capricci e all’arroganza di ospiti di lusso diventati padroni di una St. Moritz a loro disposizione. Dai malumori locali la protesta si è allargata sul piano nazionale, assumendo connotati di tipo morale e politico, del resto scontati, nei confronti di cittadini di un paese dove permangono disparità estreme, per noi inaccettabili. Anzi, incomprensibili. Questo spropositato spettacolo rifletteva a ben guardare uno spirito di casta, che resiste all’urto della modernità tecnologica che, proprio in India, va forte.

In definitiva, è una questione di cultura, nel senso più ampio del termine, che ispira comportamenti e mentalità estranei alla nostra comprensione e ai nostri gusti: forme di ostentazione e di spreco che ci sembrano addirittura ridicole, per non dire offensive, da parte di paperoni, che si sentono autorizzati a sbandierare il loro privilegio. Mentre in Svizzera questa categoria si muove in direzione opposta. Soltanto i più ingenui «nouveaux riches» sfrecciano rumorosamente, nelle nostre città, con la Ferrari. I veri multimilionari e miliardari di lunga data hanno scelto, o subìto, una sorta di adeguamento ambientale. Volano basso, conducendo un’esistenza che, esteriormente, li assimila sempre più allo stile di vita corrente. Certo, godono della sicurezza e del prestigio che derivano dal possesso di grandi fortune, ma cercano quasi di mimetizzarsi, in una società all’insegna della cosiddetta convivenza civile. Evitando sfoggi e sfarzi che da noi non hanno corso.

Come detto, la questione è d’ordine culturale, ma nell’addio al celibato del miliardario indiano, entra in gioco un altro fattore. Si tratta di quel senso della festa, prerogativa di un po’ tutte le società meridionali. È qualcosa che supera le barriere sociali e avvicina siciliani, andalusi, greci, nordafricani e, non da ultimo, molti nostri immigrati, provenienti dal Kosovo, dall’Albania, dalla Turchia, eccetera. Quando c’è in vista un matrimonio, o un battesimo, o nozze d’argento o d’oro che siano, non si bada a spendere. Per l’abito da sposa, si è disposti a pagare, in rate mensili, svariate migliaia di franchi, e per il pranzo non si lesina sul menu né, figurarsi, sul numero degli invitati. Si affittano saloni in ville d’epoca, carrozze, limousine, camerieri in costume, complessi musicali. La cornice della festa conta, soprattutto il senso della festa. Che è un’arte e, in questi casi, un riscatto sociale.