L’orchestrion Solea del café Le Fribourgeois

/ 31.01.2022
di Oliver Scharpf

Bulle, per i cacciatori di eccentricità, oltre al divanetto color ciliegia a zigzag e la scena di caccia panoramica riflessa nello specchio del tea-room raccontato l’ultima volta, riserva altre sorprese. A balla. Addirittura qualcosa di unico, nell’ambito della bistrologia elvetica, in realtà, secondo alcuni, non troverete da nessun’altra parte del mondo niente del genere. Un orchestrion, costruito per il café Le Fribourgeois, ancora lì, dal 1914, fedele al suo posto. Già fuori, sotto l’insegna dorata d’epoca, lo stucco-conchiglia che richiama moltissimo la superficie ondivaga delle meringhe, dessert regionale classico servito con la crème double della Gruyère, prelude a un ambiente rustico autentico. «Babette, deux ballons de vully»: dentro poi, questa ordinazione della cameriera rivolta alla signora che si occupa solo delle bevande, con quel tono tipico da brasserie quasi al completo, fermo, deciso, veloce, ma al contempo di una inconsapevole musicalità e teatralità naturale, la dice lunga sull’atmosfera, rarissima ormai, di certi ritrovi storici romandi in via di estinzione. Legno dappertutto, trofei di caccia, Aromat sui tavoli lucidi, dipinti murali alpigiani. Uno a tema poya, termine arpitano utilizzato per la transumanza friburghese. Sullo sfondo, sopra le mucche bianche e nere che salgono su all’alpe, in fila indiana, lungo il percorso serpeggiante solito, legato all’iconografia di questo motivo di arte popolare, svetta il Moléson. Montagna simbolo della regione che si ritrova anche nell’altro murale con soggetto l’Alpage des Colombettes, toponimo-punto di partenza del ranz des vaches, il richiamo melodico delle mucche.

Mi capita, senza volerlo, il tavolo vista orchestrion. In un angolo, contro il muro, un’orchestra intera si nasconde dentro quel magnifico mobile-buffet in quercia. Realizzato dalla ditta Weber Frères di Waldkirch, nella Foresta Nera, due vetrinette mostrano due paesaggi verdeggianti negli immediati dintorni e in uno mi sembra di riconoscere ancora il Moléson. Al centro, davanti a uno specchio, troneggia intagliata una ballerina con ali di fata. Sarà lei Solea? Affondo il primo pezzo di pane nella fondue. Aperto già alle otto, per bevute mattinali o il rito caffè-giornale, questo locale risalente al 1897 che serve piatti fuorimoda tipo pieds de porc au madère e langue de boef sauce Capri, è rinomato per la fondue moitié-moitié. M’informo su come funziona il Solea, ci vuole un franchetto. Vado verso l’orchestrion e Babette – il cui nome mi ricorda di colpo un film – m’intercetta dicendo che ci pensa lei. Jukebox vivente che si occupa, oltre alle bibite e di ricordare Il pranzo di Babette (1987), di mettere in moto l’Orchestrion. Ed ecco, così, tornato in tempo al mio tavolo per godermi lo spettacolo, l’orchestrion Solea del café Le Fribourgeois (770 m) di Bulle, tutto pieno all’ora di pranzo nel bel mezzo dell’inverno, sovrastare sorprendentemente la baraonda attraverso una specie di charleston. Meraviglia pura, non pensavo. Non la pensano allo stesso modo due lì vicino che dai loro piatti di spezzatino di non so cosa e tagliatelle in bianco, mi guardano in cagnesco.

In quattro metri di lunghezza, due e mezzo di altezza e uno di profondità, si trovano un piano Feurich con cinquantadue note equipaggiato di effetto mandolino, quattro registri di ventotto canne d’organo, cimbalo, xilofono, grancassa, tamburo, tamburello, castagnette. Restaurato nel 1977 dai fratelli Baud, esperti di music-box di L’Auberson, nel Giura vodese, il meccanismo a rullo con ottantotto fori è un po’ una lunga storia da riassumere. Arthemise fox, Estudiantina, Mon Paris, Nuits de Chine, Ich hab’ mein Herz in Heidelberg verloren, sono alcuni titoli del suo repertorio. Comunque alla fine tutta la mia attenzione è rivolta ai due paesaggi animati. Sul ponte sopra il Javro a Charmey, una dozzina di chilometri da qui, passa una sfilata di mucche e armaillis; nel cielo entrano in scena, grazie a un gioco di ombre cinesi, un biplano ubriaco, poi una mongolfiera e alla fine uno zeppelin. Nell’altro riquadro, localizzabile a Gruyères, borgo non lontano abbarbicato su una collina con castello medievale, il sole che dà il nome a questo automa musicale, alterna alba e tramonto in compagnia del Moléson. A questo punto mi aspettavo quasi un dessert a forma di Moléson.