Colpo di scena, quasi subito, studiando un po’: già in origine, nel 1856, la seconda orangerie del parco, a trecentosettantadue passi dalla prima che vi ho raccontato due settimane fa e ho appena salutato di sfuggita, diventava, d’estate, teatro. Mica dunque riconvertita ad altro a posteriori, ma concepita in partenza, caso più unico che raro, seppur a uso privato, con la doppia funzione di orangerie in inverno e teatro estivo. Nel tragitto potete incontrare: monumentale cedro del Libano, villa settecentesca – sempre chiusa a parte per importanti incontri tipo l’ultimo, nel giugno 2021, tra Biden e Putin – con biblioteca filoellenica annessa, fontana mistilinea vuota all’ombra di sei ippocastani, ex scuderie, grange. E la fattoria di una volta che dà il nome a questo parco dove salendo, come adesso, si vede man mano sempre un po’ più di lago.
Così, avvolta nella luce serale d’inizio agosto, tra palme delle Canarie e serre, spunta, neogreca, l’orangerie-teatro (387 m) del parc de la Grange a Ginevra. Attribuibile all’architetto-ingegnere Charles Schaeck-Jaquet (1800-1899), autore di La sépulture, particulièrement les cimetières et nécropoles (1876), c’ero stato una sera di secoli fa a vedere una pièce particolarmente dimenticabile. Mi ricordo invece le grandi vetrate botaniche di quell’insolito teatro stagionale e l’atmosfera del bar orticolo, lì fuori dal Théâtre de l’Orangerie, dove scorrevano, a fiumi, bianchi ben freddi, dolci e speziati, ottenuti da vitigni fuori dal comune come lo Scheurebe e sulla cui etichetta, c’era un centauro o un satiro.
Il committente è il colonnello Edmond Favre (1812-1880), figlio dell’erudito bibliofilo incontrato l’ultima volta e autore di due opere di storia militare: L’armée prussienne et les manœuvres de Cologne (1862) e L’Autriche et ses institutions militaires (1866). Inaugurata l’estate del 1856 con Le Gendre de monsieur Poirier, commedia in quattro atti la cui première parigina risale a due anni prima, stasera va in scena Fin de partie (1957) di Beckett con l’attore memorabile del film Les Amants du Pont-Neuf (1991). In alto, sul tetto, dei fregi decorativi come fiori in fiamme. Davanti, in bella mostra, vigilano quattro piante esotiche in enormi mastelli di legno. Avvicinandomi, a una a una, ne leggo il nome: Ficus microcarpa, Yucca gigantea, Phoenix canariensis, Ficus benghalensis.
Non solo aranci, allora, svernano tra queste mura che ritrovano la vocazione teatrale nel 1982 attraverso l’arrivo di Richard Vachoux (1932-2012), attore e regista teatrale ginevrino, fondatore del Théâtre de l’Orangerie, a cui hanno dedicato una placca commemorativa a lato dell’entrata. Aspettando Beckett, gironzolo perlustrando qua e là tra orti utili per la cucina della buvette dove mangio un babaganoush più che ottimo. Nella fresca sera di mezza estate, vedo arrivare, in sandali intrecciati, Denis Lavant, l’attore feticcio di Leos Carax che per me sarà sempre Alex, mangiafuoco senzatetto con cui, Juliette Binoche, vagabonda a un certo punto cieca, sul Pont Neuf, innesca una storia d’amore folle e distruttivo.
«Fini» inizia dicendo così, Clov, interpretato da Denis Lavant che il tempo ha caratterizzato ancora di più la faccia, con fronte iper aggrottata e testa d’uovo perfetta per questo ruolo di personaggio stralunato dall’andatura rigida e vacillante che non può più sedersi. Maggiordomo-servitore del lamentoso Hamm che invece è in sedia a rotelle e cieco. Con in testa un fez di velluto verde e brillantini, è impersonato da Frédéric Leidgens: una rivelazione. Superbo, gioca la partitura delle sue battute con interiorizzazione sottilissima, scandendo al massimo, a tratti, il testo estremo di Beckett. Tinteggiando il suo tormento, ogni tanto, con un movimento disperato di lingua come se non avesse più fiato o volesse essere più velenoso. Caustico, feroce, ferito, tenero, strappa risate perché «niente è più divertente dell’infelicità».
Mentre Clov, sempre sul punto di partire ma non parte mai, ha tonalità circensi-clownesche nel suo andirivieni e saliscendi con la scala a pioli alle due finestre, per riportare a Hamm, notizie laconiche dal mondo e dal mare. Dimenticati dalla natura che non c’è più, secondo Clov, in compagnia dei genitori di Hamm dentro due bidoni della spazzatura, il duo assurdo di attori incanta gli spettatori. La signora in carrozzina davanti a me, a sprazzi, ride a crepapelle. Non andavo a teatro da anni e confesso che stasera, in due ore e un quarto, ho riso e ritrovato, per un attimo, le lacrime agli occhi.