Lo scalone del Musée d’art et d’histoire di Neuchâtel

/ 21.11.2022
di Oliver Scharpf

Già mettendo piede sul primo scalino, quest’opera d’arte totale tra Art Nouveau e Arts and Crafts, inizia a risucchiarti in una spirale visionaria vertiginosa. All’ultimo dei ventidue scalini della prima rampa dello scalone d’onore del Musée d’art et d’histoire di Neuchâtel (434 m), dipinto da Léo-Paul Robert (1851-1923) e decorato da Clement Heaton (1861-1940) tra il 1886 e il 1921, sei dentro fino al collo. Investito dai tre dipinti smisurati ad arco – il cui soggetto di quello qui in faccia è una Neuchâtel apocalittica, a destra La-Chaux-de-Fonds l’ultimo dell’anno vista da una fabbrica di orologi delirante, a sinistra un prato fiorito in Val-de-Ruz tra demoni e angeli – l’occhio al contempo è spinto a proseguire più in alto. Oltre i sette metri e venti di pittura mistico-paesaggistica, verso il soffitto altissimo increspato color lavanda pallido. Le increspature del soffitto, se aguzzate la vista, si rivelano essere ondeggianti ali d’angelo che incorniciano delle teste. In cima, un lucernario rettangolare, corona e rischiara il tutto.

Disorientato e con il torcicollo, l’unica via è incominciare a concentrarsi sui dettagli, districare la visione un passo per volta. Decido di continuare la visita scegliendo la seconda rampa di scale a sinistra, per via del prato fiorito a portata di sguardo. Il visitatore può abbeverarsi gli occhi con questo prato di giugno e assaporare il rosa della Scabiosa columbaria nota anche come vedovina comune e quello della lupinella comune (Onobrychis viciifolia). Nell’erborizzazione sulle scale della flora dipinta, potete poi catturare il blu della Salvia pratensis e il giallo del Tragopogon pratensis: il barbabecco. Léo-Paul Robert, pittore naturalista nato a Bienne e morto a Orvin, specialista di uccelli ad acquarello, eccelle forse nei suoi acquarelli di bruchi. Fiori di carciofo a sbalzo, sulla striscia di rame sotto i dipinti, accompagnano il visitatore non frettoloso. Forse però sono le pere sui pilastri a lustrarmi la vista: la prima delle due prodezze inventate da Clement Heaton, mastro vetraio nato a Watford, una trentina di chilometri a nord di Londra e morto a New York dopo anni in un atelier qui a Neuchâtel. Brevettato nel 1886, il cloisonné Heaton consiste nell’utilizzare, al posto dello smalto del cloisonné medievale conosciuto anche come lustro di Bisanzio, un impasto speciale di sua invenzione che s’indurisce all’aria senza bisogno di essere cotto. Una filigrana di rame contorna le delicate pere luminose, le loro foglie, foglie di quercia, lustrini, magnifiche mele cotogne.

In cima alle scale, mi volto e vedo nel dipinto centrale un dragone sconfitto dall’arcangelo Michele, la collegiata è ritratta come se si vedesse appena arrivati alla stazione di Neuchâtel. Il cloisonné Heaton qui si ammira anche lungo gli archivolti e una graziosa vetrata con ragazze danzanti, verso il lago, si aggiunge a tutto il resto. Sotto gli archivolti, mi avvicino per osservare l’altra tecnica innovativa di Heaton brevettata come carta in rilievo Heaton: gigli goffrati sulla carta da parati che sembra rame, in mezzo a un mare di iris. Gironzolo ancora un po’ a cacciare dettagli come i serpenti e la felce lingua di cervo in bronzo, sotto le edicole in marmo nero. Tra leoni spauriti, fiorellini di ceramica mi ricordano gli occhi della Madonna (Veronica persica). Lì accanto, angeli prostrati in stucco con ali stile libellule. Su in alto, le testoline dei serafini incorniciati dalle ali che formano il soffitto mosso, a guardar meglio, variano una dall’altra. Benché lo sguardo sia sempre quello atterrito-svagato stile Füssli che illustra Blake, la varietà di volti movimenta così ancora di più il soffitto tutto seminato di stelline in maiolica d’oro.

Ai fianchi della vetrata, incorporate nell’opera d’arte totale e punto di vista privilegiato per studiare i quattrocento metri quadri di ornamenti, ci sono due poltroncine in legno intarsiato. Luogo di sosta assoluto per il viaggiatore tardo autunnale, un primo pomeriggio a metà novembre sprofondo su una delle due poltroncine simmetriche rivestite di velluto verde larice. In tinta con il verde foglia di pero e quercia che sembra dominare nelle decorazioni qui al piano nobile. Il legno del poggiabraccio è intarsiato con il motivo della pigna. In puro style sapin, da toccare con mano.