A Londra tutti dicono che Liz Truss sarà la prossima premier del Regno Unito. Nelle edicole il suo volto spunta ovunque, le cronache sono piene di racconti che la riguardano e aneddoti. A domanda diretta molti, pur senza troppa contentezza, sospirano: è inevitabile. La regola dell’inevitabilità in realtà è un boomerang. Chi si considera vincitore poi perde (un esempio Hillary Clinton), ed è quello che sperano nel campo degli avversari capitanati da Rishi Sunak, l'ex cancelliere che pareva adatto a sostituire Boris Johnson alla guida del paese e che invece oggi sbuffa dalle retrovie: la base del Partito conservatore – circa duecentomila persone – preferisce Truss. E così anche gli stessi esponenti dei Tory. Eppure quando era il loro turno della votazione – hanno mandato loro Truss e Sunak al ballottaggio – avevano preferito Sunak. Ora invece si dispongono ai lati di Truss.
Classe 1975, ministra degli Esteri, ex ministra per il Commercio internazionale e per le Pari opportunità, in Parlamento dal 2010 eletta tra quelle che erano chiamate le «Cameron’s girls» dal nome dell'allora leader di partito e premier David Cameron, Liz Truss viene spesso definita «un po’ strana». Se si cercano i suoi video e le sue immagini online questa «stranezza» si può declinare in un misto di goffaggine e candore, fatto di risatine fuori tempo e di enormità dette con convinzione. Forse contribuiscono a questa «stranezza» il look ispirato a Margaret Thatcher, il suo esordio politico da giovanissima con i liberaldemocratici e non i conservatori, la campagna elettorale con i Tory al fianco della madre e non del padre (che pretende il silenzio stampa sulla distanza politica che lo divide dalla figlia), la partecipazione alla campagna contro la Brexit e la determinazione con cui ha poi difeso la sua bontà, l’affaire extramatrimoniale con un conservatore seppellita dalle dichiarazioni ferme sulla tenuta perfetta del suo matrimonio. Insomma, Truss ha una storia travagliata, ed è questo che fa alzare qualche sopracciglio a chi voleva, dopo le montagne russe di Johnson, una linea dritta da seguire, senza capriole.
Comunque sia, Liz Truss sta giocando le sue carte, godendo del sostegno di Johnson, il premier spodestato dal suo partito che però resta popolare alla base dello stesso. Questa contraddizione ha giocato a favore della ministra degli Esteri che non si è dimessa e che, anzi, lascia trapelare che potrebbe accogliere Johnson nel suo governo. È una scelta politicamente rischiosa, considerata la riluttanza con cui Johnson lascia il suo posto, ma in questo momento è funzionale per consolidare la leadership di Truss contro Sunak. Il quale invece è considerato un traditore: si è dimesso dal posto di cancelliere dello Scacchiere dando il via al processo che ha portato Johnson alle dimissioni. Grava su di lui anche la vicinanza a Dominic Cummings, l’ex consigliere di Johnson licenziato nel 2020 che progetta la sua vendetta da allora. Per quanto paradossale possa sembrare, Truss gode di un maggiore consenso proprio perché è rimasta fedele al premier che deve sostituire. Inoltre propone politiche in linea con quelle definite da Johnson, a dimostrazione del fatto che era il suo approccio al potere – e quella facilità di mentire – a essere ingestibile per il partito, non le sue idee. Truss vuole fare funzionare la Brexit e la difende contro ogni evidenza; intende tagliare le tasse, come previsto dal programma elettorale del 2019, anche se tutti gli economisti – tranne uno, che è il suo ispiratore Patrick Minford, professore di Economia applicata alla Business School dell’Università di Cardiff – affermano che oggi non è fattibile, anzi è controproducente per l’economia inglese che, come quelle continentali, è surriscaldata dall'inflazione.
Ma a definire la leadership di Truss è soprattutto la sua fama di «cultural warrior», una combattente delle guerre culturali: thatcheriana in una famiglia di sinistra, una figlia di nome Liberty, le è stata affibbiata l’etichetta di donna che combatte contro la «wokeness» (la consapevolezza di problemi sociali e politici come il razzismo, le diseguaglianze), in linea con la base dei Tory, che è mediamente più anziana, più ricca e più bianca della media del paese, e ama la postura di Truss. Nei sondaggi sulle priorità degli elettori la «wokeness» compare molto in basso. Ma quelle che decideranno il nuovo o la nuova premier non sono delle elezioni vere, sono una selezione di un’infinitesimale porzione del popolo britannico, una bolla che ancora deve fare i suoi conti interni.