Secondo la toponomastica, la Schnäggeninseli, sul lago di Brienz, potrebbe chiamarsi così per via di un incomprensibile allevamento medievale di lumache dovuto ai monaci agostiniani di Interlaken. Sull’Interlaken express l’avvisto ora alle nove e quarantacinque di mattina, laggiù, a ridosso della riva opposta dirupata a tratti e boscosa verdissima più in alto. Il mio entusiasmo non è condivisibile con nessuno, sul treno, perché a nessuno gliene frega niente e neanche l’hanno vista, l’isolina illuminata dal sole sul lago turchese. Alcuni, invece, a proposito del suo toponimo, sostengono l’ipotesi tipulidi: Schnäggen, plurale svizzerotedesco di Schnecken (lumache), si usa infatti anche per questi insetti simili a zanzare che non pungono. Mah, chissà, mistero.
Da Iseltwald, paesino da cartolina ipersvizzera, parto in canoa canadese. E con pagaiate decise, alle undici in punto di una mattina di agosto, sboccia l’ebbrezza di abbracciare come si deve, con lo sguardo, l’isolina dove spicca, tra le chiome, un misterioso tetto a punta tipo campanile. Non smette mai di stupire, inoltre, il turchese del lago di Brienz. All’estremità nord-est scorgo una panchina sgangherata. Aggiro l’isola, lunga centoquindici metri e larga quaranta, per trovare un attracco. C’è un molo e uno spazio per mettere in secca la canoa. Dal 1926 di proprietà dell’associazione diaconale Ländli a Oberägeri, sul lago di Zugo, l’isoletta ha un cancello di ferro chiuso e nessun cartello. Salgo sul muretto e dribblo senza difficoltà il cancello. A piedi nudi, una delle mie ultime ossessioni ascetico-salutiste, m’inoltro lungo un sentierino. Incontro una specie di casa per attrezzi-spogliatoio vuoto. È una capanna di legno, semplice, ben costruita, inutilizzata. Sorprende di più una chiesetta di legno che mi fa venire in mente posti sperduti in Finlandia. Le conifere accanto accrescono l’effetto Lapponia. Di colpo, così, questa enigmatica cappella-pavillon insulare mi ricorda anche certe casette baltiche. Forse è quella tinta giallina maionese con la quale è verniciata la porta d’entrata e il frontone, decorato con due stelline forate. Altre decorazioni, più in alto, sul timpano del tetto a punta, cesellate, con un tocco di turchino – oltre il giallo maionese e il marrone barca – mostrano degli svolazzi basici e petali di due fiori che mi sembrano i fiori tipici tahitiani.
La superficie a scandole mi riporta da queste parti. La porta è chiusa. Sui fianchi ci sono delle finestre con persiane verdi che spazzano via l’idea di chiesetta, nonostante l’apparenza frontale con portico d’entrata e tutto. Sbircio dentro e non c’è niente, a parte delle panchine da sagra campestre riposte in verticale. In realtà mi aspettavo di vedere dentro dei busti di compositori impolverati. Questo chalet-pseudochiesetta lappone in stile oberland bernese dev’essere il pavillon di Edward Murray Oakeley (1840-1927). Organista inglese amatoriale nato a Sandagate – località balneare del Kent – e fratello minore del compositore e organista Sir Herbert Stanley Oakeley (1830-1903). Sul quale, lì dentro, tra i busti di musicisti famosi, ha scritto il suo unico libro: The Life of Sir Herbert Stanley Oakeley (1904). D’un tratto sento voci entusiaste e due bambine corrono tra gli alberi. Per un centesimo di secondo mi sento come in un film mai girato su una delle ventiquattromila isolette taciturne dell’arcipelago di Stoccolma. Sono sbarcate da una barca a remi guidata dalla madre. Le diaconesse zughesi, visti l’incuria e l’inselvatichimento che però a me non dispiacciono, non devono venir qui spesso a passeggiare. Un camminamento di piode, tra l’erba alta, percorre la parte centrale dell’Isolina delle lumache (566 m) dove di lumache non ne trovo traccia. Trovo solo un guscio d’uovo, appena schiuso, di chissà che volatile.
Scopro altre panchine dimenticate da Dio, due tigli, una postazione per il grill. Raccolgo una manciata di more che mangio sulla panchina scorta prima dalla canoa. «Wouaw!» sento un papà dire, con l’accento dell’Oregon, da un pedalò che compie il periplo dell’unica isoletta del lago di Brienz. Vedo un Löli passar via sul suo stand up paddle. Tipulidi non ne vedo. Mi tuffo nel lago turchesissimo adesso per via della luce, un turchese avvolto come da una vena biancastra, calcarea. L’acqua è fresca, venti gradi. Picnic di oggi: insalata pantesca.