Sul lago di Sempach, non lontano da Lucerna, forse non tutti sanno che c’è un’isoletta chiamata Gamma. La terza lettera dell’alfabeto greco, come nome per diverse cose, tra le quali i raggi gamma o la funzione gamma, è stata utilizzata un’altra volta, mi sono detto subito. Invece, a mia grande sorpresa, è stata battezzata così in onore di un professore: Hermann Gamma (1901-1955). Gamma-Inseli: così c’era scritto a mano su un cartello con dei disegnini, tenuto bene in vista da alcuni bambini della terza elementare di Horw – vincitrice del concorso Un’isola cerca un nome – appena sbarcata alle otto e diciotto dell’otto luglio 1956 alla stazione di Sursee.
Arrivato a metà mattina in quella stessa stazione ferroviaria, per approdare al porticciolo di Sursee, a differenza di altre località più dirette al lago e nonostante il toponimo contenga il lago, si è costretti a pascolare un po’. Alle spalle del chiosco per il noleggio barche e pedalò, caprette bianche e un paio di agnellini belanti, gironzolano brucando. Appena dietro, salgono morenici i vigneti di solaris, ordinatissimi e ornati di rose, verso la chiesa di Mariazell. M’imbarco poco prima di mezzogiorno, diretto all’isoletta Gamma che non si vede all’orizzonte per via dell’imbocco stretto dell’insenatura. Mai andato da solo su una barca a remi. Kurt Schäfer, il tipo con berretto da capitano in bermuda e sandali che si occupa del noleggio barche per la Corporazione di Sursee, proprietaria dal 1836 dell’isola, mi spiega al volo, come fare, non è semplicissimo. Non ci arriverò mai, penso, uscendo a fatica dal molo ed evitando per un soffio di cozzare contro una barchetta di due giovani pescatori belli stoni. La prima cosa strana è remare all’indietro, di schiena, non vedendo bene dove vai. Eppure, il rimpianto-pedalò dura tre secondi, mi diverto e rido di me stesso trovando una mia andatura scoordinata, incostante, a zig zag. Senza nessuna fretta, spesso perdo tempo a riprendere la rotta, uscendo da un testacoda piano piano.
Sulla riva destra, tra i canneti, si notano un paio di vecchie capanne balneari di legno imbrunito. Nonostante la rotta balorda, remare rilassa molto. Capisco, di colpo, la gente in canoa; come quella ragazza là in bikini. Eccola laggiù l’isoletta Gamma, paradisiaca con lo sfondo scintillante delle alpi innevate in una splendida giornata di sole. Riemersa, dopo secoli, durante l’ultimo abbassamento del lago, nel 1807. Senza nome fino al concorso indetto nel 1956, in occasione del settecentesimo della prima menzione di Sursee nel 1256. Facendo il periplo dell’isola, spicca il muretto intorno costruito negli anni sessanta con grossi sassi ovali. Tra il folto degli alberi, sorprende un gigantesco coniglio tipo pasquale. Mi avvicino per vedere meglio la scultura-totem ma m’impiglio tra le fronde sulla superficie del lago. Disincagliato in qualche modo, guardando ancora il panorama alpino accecante, risalta, a fianco del Pilatus, una montagna più bianca delle altre: il Titlis (3238 m).
Attraccare è una parola. Il capitano Kurt mi ha mollato una corda sulla prua senza dirmi molto altro. Provo ad affiancarmi al pontile di legno, tiro i remi in barca, e giro intorno all’ormeggio la corda – cima mi viene in mente, ora, il termine nautico giusto, credo – annodandola. A momenti, sbarcando sull’isoletta Gamma (504 m) alla mezza verso la metà di giugno, si ribalta tutto. Guardando fiero la barca ormeggiata per un secondo o due, lo confesso, mi sento Huckleberry Finn. E ai primi passi sull’isola, udendo un verso esotico di chissàquale uccello, un po’, va da sé, Robinson Crusoe. Poi, invece di stevensoniani tesori, trovo un paio di stronzi. Il capitano Kurt mi aveva avvertito che «i pescatori usano a volte l’isola come wc». Mentre alla «Surseer Woche» dichiarava soltanto che «l’isola ha qualcosa di mistico». Mi addentro comunque, con i piedi di piombo, all’interno dell’isoletta dominata dagli ontani neri. Abitata tremila anni avanti Cristo, secondo dei frammenti dissotterrati di una ciotola datata dell’antica Età del Bronzo.
Oggi mi cibo solo di datteri, come gli anacoreti nel deserto. Magari dopo, come i tennisti intelligenti stanchi, ci aggiungo una banana. Il coniglio non è un’allucinazione, mistero. Forse risale al giorno di festa per il suo battesimo in pompa magna, quando tutta la classe con le autorità comunali e uno sconosciuto scrittore per la gioventù in ghingheri sono venuti qui in motoscafo, dandole il nome di un professore di botanica nato a Horw e morto, scrissero sui giornali, «tragicamente». Molti dei centottantaquattro metri quadrati dell’isoletta, sono cosparsi di guano e sommati ai bisogni dei pescatori, non invogliano tanto a sostare più a lungo. In inverno, pare che la Gamma-Inseli sia tutta imbiancata di guano come l’isola di Peilz raccontata tempo fa. Oltre ai cormorani, è l’alloggio di oche selvatiche. Va detto, a proposito di oche, che a Sursee permane un’usanza curiosa per San Martino. Due oche bianche domestiche, già morte e appese per l’occipite, vengono decapitate, alla cieca, l’undici novembre, davanti al Municipio: una serie di concorrenti bendati e vestiti con manto rosso e in testa una maschera di sole umanizzato, provano con una sciabola non affilata a tagliarle il collo.
Le indagini sulla morte violenta del professor Gamma e sul coniglio di Pasqua totemico-isolano non hanno ancora portato da nessuna parte, ho scoperto però l’esistenza di un’altra Isola Gamma. È una delle isole Melchior, nell’arcipelago Palmer, in Antartide.