Mi era venuto un colpo, acciuffando con lo sguardo, sulla corriera, tornando da non so dove non mi ricordo più quando, un’isoletta su un lago la sera. Rimasto a lungo negli occhi quel miraggio insulare insperato, ultima possibilità di un’isola a due passi da casa, quando decisi di andarci non si poteva. Inaccessibile negli ultimi tempi, tra surrealistici problemi burocratici legati ai wallaby e poi il covid, alle quattro e qualcosa salpiamo da Bosisio Parini. Paesello soporifero ribattezzato così nel 1929, in omaggio al poeta Giuseppe Parini nato qui due secoli prima. E ben noto agli intenditori di Segantini: si trova sullo sfondo dell’Ave Maria a trasbordo (1886). In primo piano, al tramonto, una barca tipo Lucia stracarica di pecore con madre e bambino in grembo e ai remi un uomo con basco mezzo addormentato, è in mezzo al lago di Pusiano. Dove adesso a bordo di un battello elettrico, in ventuno, ci dirigiamo, con tutta calma, verso l’Isola dei Cipressi. Dal 1874 di proprietà della famiglia Gavazzi, industriali serici di Valmarenca, i casini vari sono iniziati – mi svela «il mozzo» Luigino – a partire dai fuochi d’artificio alle due di notte al matrimonio di Ambrosini, centrocampista del Milan, nel giugno 2014. Wallaby spaventati, guardie forestali, visite annullate, accuse ingiuste di zoo abusivo, invidie paesane riemerse eccetera.
Una pietra sopra e via, da quest’anno si riparte con le visite guidate della Pro Loco Bosisio Parini come quella di oggi, capitanata da Gian Luigi che ha una faccia da attore. Il senso di miraggio si ripete, quando, alle quattro e ventitré, avvisto l’isoletta lacustre briantea. Forse sono le cime dei cipressi a conferirle quel tocco di irrealtà. Accentuata dalle nuvole a pecorelle che pennellano il cielo, ma magari si tratta solo di islomania. Appena sbarchiamo sull’Isola dei Cipressi (258 m), un caldo pomeriggio ai primi di luglio, gli strani versi di uccelli esotici hanno quantomeno il pregio di zittire, per un attimo, Letizia, la guida. Un pavone innamorato della canna dell’acqua, fa la ruota e tutti «aah, uuh». «L’isola fu molto cara agli svaghi amorosi del Beauharnais» si scopre nel libro dedicato alla storia dell’isola di Gerolamo Gavazzi, proprietario attuale e ideatore della fauna esotica. Si tratta di Eugène de Beauharnais (1781-1824), figliastro di Napoleone e viceré d’Italia. Un altro visitatore illustre, più fugace, ma pure lui indaffarrato in un’avventura amorosa (quasi sketch involontario su una barchetta), è Stendhal che nel Diario del viaggio in Brianza, ritrovato dopo la morte tra le sue carte, annota il ventotto agosto 1818: «è più grande di quanto si potesse pensare».
Due ettari circa, popolata da quindici wallaby ed esplorata ora a passo di wallabee. Mocassini in pelle scamosciata nati nel 1967 e chiamati così ispirandosi ai salti di questi marsupiali troppo piccoli per essere definiti canguri. Infatti il passo è agile e molleggiato. Sul prato girano le gru coronate. In una casetta stile cottage c’è un micromuseo dove si possono vedere le punte di lance del neolitico ritrovate qui. Granparte della comitiva sembra però più attratta da un megatrampolino per tuffi in ferro battuto floreale. La casa sull’albero attira anche molto. «Architettura scozzese» dice, seria, Letizia. In giro con noi c’è anche Marcello, il custode dell’isola da una vita. Oggi ha il compito di tenere d’occhio il fagiano argentato che l’ultima volta se l’è presa con Luigino. Una bambina accarezza una tartaruga, un’altra più grande va a caccia di piume per terra. Si lancia uno sguardo alla casa rustica di fine ottocento, non lontana dalla quale c’è l’alcova dell’Eugène de Beauharnais, ma aspettiamo tutti la grande attrazione dell’isola: i wallabee. Saliamo su un’altura dietro la casa nota come «la terrazza dei cipressi», percorsa da antiche mura tipo castello da dove, si dovrebbero vedere, nell’ombra della vegetazione, i wallaby. Eccone uno, poi due, immobili, bellissimi. Salta fuori anche Simone Gavazzi tutto sorridente. L’idea dei wallaby liberi è ancora un segno dell’anglofilia di suo papà, Gerolamo Gavazzi. Li aveva visti in un parco inglese che secondo le mie ricerche dovrebbe essere nel Sussex. Sir Edmund Giles Loder, esperto di rododendri, verso il 1901, introduce nei Leonardslee Gardens i primi wallaby da cui discendono quelli che vivono ancora lì.