L’inverno demografico che non finisce

/ 31.05.2021
di Ovidio Biffi

Non ha avuto particolare risonanza e seguito, da noi, la giornata internazionale delle famiglie celebrata il 15 maggio. La dimenticanza non deve suscitare sorpresa: solo nel mese di maggio di «giornate internazionali» ce n’erano ben 14, iniziando da quella del 2 maggio dedicata alla libertà di stampa per finire con la giornata senza tabacco di fine mese. Basta questo a giustificare se non il disinteresse, perlomeno la svista o magari anche il naturale rigetto che possono aver originato la scarsa adesione dei media. Un primo accenno l’ho comunque avvertito, al mattino. Qualcuno alla radio ha voluto precisare che non si doveva più parlare di giornata «della famiglia», al singolare, bensì di «giornata delle famiglie», al plurale: un distinguo certamente chiesto e ottenuto dalle sempre solerti truppe cammellate del politicamente corretto.

Un secondo richiamo, indiretto, mi è giunto invece dall’amico che a Cham funge da mio osservatore personale dei media svizzero-tedeschi: il giornale locale, la «Zuger Zeitung», senza nominare la giornata delle famiglie, ha presentato un lungo articolo che indirettamente la ricordava, visto che elencava e spiegava i vari malanni che il calo demografico sta infliggendo al Canton Ticino. L’amico osservatore, collegando i contenuti del servizio (pubblicato oltre che sul giornale di Zugo anche sulla folta rete di giornali regionali della «Luzerner Zeitung» nella Svizzera centrale) a quella che lui pensa possa essere una colpa dei media ticinesi, mi chiede un po’ inviperito: «Ma perché servizi così documentati sul nostro cantone li devo leggere sulla stampa confederata?».

Io relativizzo subito la sua accusa, dicendogli che se da noi esiste un’apparente reticenza ad affrontare questo tema, lo si deve soprattutto al fatto che sui problemi legati alla demografia e alla politica delle famiglie la classe politica ticinese continua a portare avanti proposte fuori asse, mai corali e profonde. I media continuano a riferire le messe in guardia di istituti di ricerca, sociologi ed economisti, a ricordare i pericoli collegati al calo demografico o all’esodo di giovani dal cantone, come pure a stigmatizzare le influenze negative dovute alla presenza di 70’000 frontalieri. Mancando un parallelo impegno politico questi interventi hanno però quasi sempre un impatto sfuocato. Leggendo l’articolo della «Zuger Zeitung» accade il contrario. Certo, il titolo è un pugno nello stomaco («Ein Kanton in Schrumpfmodus», Un cantone in modalità restringimento) e fa impressione. Eppure l’attento Gerhard Lob lo ha desunto da un’intervista in cui Ivano D’Andrea, economista CEO di una fiduciaria luganese, gli rilascia pareri e impressioni contenuti in un suo e-paper (ottenibile sul sito dell’editore www.coscienzasvizzera.ch) recensito su «Azione» da Fabio Giacomazzi già a inizio febbraio. È la conferma che a nascondere la recessione demografica che in Ticino galoppa non sono gli esperti o i media, ma piuttosto la già citata mancanza di un costante impegno dei partiti e della classe politica cantonale.

La speranza più forte, ora, è che tra i 98 giovani dell’Usi, neo-laureate e neo-laureati in economia, qualcuno trovi e usi il megafono giusto per scacciare lo strano e malefico torpore che avvolge questo nostro problema.
Torno alla giornata delle famiglie e a un terzo segnale, il più convincente, che molti lettori di «Azione» conoscono già: è giunto dall’Italia grazie a un evento (gli «Stati generali della natalità») organizzato a Roma sul quale ha già riferito la scorsa settimana il nostro collaboratore Aldo Cazzullo che figurava tra i relatori invitati. Al centro del grande affresco di Cazzullo troneggia un suo azzeccato giudizio: «La cifra del nostro tempo è il narcisismo, che è sterile per definizione» e consente di capire perché da decenni «tendiamo un po’ a comportarci come eterni adolescenti, nella convinzione che la paternità e la maternità si possano rinviare all’infinito». Posso aggiungere solo l’esortazione di papa Francesco nel discorso inviato all’evento: «Il coraggio di scegliere la vita è creativo, perché non accumula o moltiplica quello che già esiste, ma si apre alla novità, alle sorprese (…) Noi tutti abbiamo ricevuto questo dono irripetibile e i talenti che abbiamo servono a tramandare, di generazione in generazione, il primo dono di Dio, il dono della vita».

Da altri contributi, incentrati sulle misure attuate in numerosi paesi dell’Unione europea per favorire le nascite, si può desumere invece un’incoraggiamento: i Paesi che hanno già investito per le famiglie e i figli (in particolare la Germania con il Kindergeld, un potenziamento dei servizi per l’infanzia e misure per conciliare vita e lavoro) stanno ora vedendo i tassi di fecondità risollevarsi. Quindi i provvedimenti contro l’inverno demografico ci sono e possono ancora cambiare scenario se sostenuti da partiti e governi che, lottando contro il «main stream» narcisista che penalizza famiglie e natalità, si impegnano a difendere una sostenibilità generazionale.