L’ingenua e fresca energia dell’idealismo

/ 20.12.2021
di Giancarlo Dionisio

L’indomani della qualifica della nostra Nazionale di calcio alla Coppa del Mondo del 2022, la Gioventù Socialista Svizzera ha esortato la Federazione a boicottare la manifestazione. «La Svizzera non deve camminare sui cadaveri», questo è l’auspicio della GISO. Di quali cadaveri si tratta?

Secondo fonti documentate, in particolar modo secondo un’inchiesta condotta tempo fa dal quotidiano britannico «The Guardian», sarebbero morte più di 6500 persone sui cantieri nei quali sono stati edificati gli stadi. Questo dato sarebbe la punta di un iceberg sommerso fatto di soprusi, violenze, privazioni della libertà per alcune categorie di persone, fra le quali gli omosessuali, bersagliati, questi ultimi, fino alla morte.

Non assecondare un simile disprezzo della vita umana, boicottando la Coppa del Mondo, sarebbe un segnale forte anche nei confronti della FIFA, che ha sede proprio nel nostro paese, a Zurigo. Con ogni probabilità, se il Qatar non avesse ottenuto il diritto di organizzare il Torneo, la sorte delle minoranze represse e dei cosiddetti diversi non sarebbe migliorata di una virgola.

Paradossalmente, grazie al fatto di avere gli occhi di tutto il mondo puntati sul piccolo e ricchissimo emirato adagiato sul Golfo Persico, la loro situazione potrebbe trarne beneficio. Ma sarebbe, credo, una questione transitoria, di facciata, una sorta di «tregua olimpica» applicata all’altro evento sportivo totalizzante. Non a caso, per evitare fastidiose polemiche, gli organizzatori hanno annunciato che i Gay potranno seguire serenamente le partite, purché evitino effusioni in pubblico.

A mio modo di vedere il difetto sta nel manico. Una manifestazione così importante e così coinvolgente come la Coppa del Mondo di calcio non avrebbe dovuto essere assegnata a un paese di poco meno di tre milioni di abitanti che, con il pallone, non ha nulla da spartire. Ciò avrebbe evitato la febbrile costruzione degli stadi, senza misure di sicurezza, senza il rispetto di norme e persone. In buona sostanza avrebbe evitato 6500 cadaveri. Ma si sa, la pachidermica macchina dello sport è mossa più dal denaro, che dagli ideali.

Secondo le norme FIFA, l’edizione del prossimo anno non avrebbe potuto essere attribuita a un paese africano, sudamericano, o europeo, in virtù di quelle del 2010 in Sudafrica, del 2014 in Brasile, 2018 in Russia. Restavano in gioco Asia e Australia. Dall’est erano giunte, oltre a quella del Qatar, le candidature del Giappone e della Corea del Sud, che però erano stati anfitrioni congiunti nel 2002. Rimanevano in lizza il Qatar e l’Australia. Da una parte un minuscolo paese che in pochi anni ha ottenuto un Mondiale di ciclismo, l’infelice edizione fantasma del 2016; un Gran Premio di Formula 1, nel 2021; la Coppa del Mondo di calcio del 2022. Dall’altra un paese-continente che vibra per lo sport, che non organizza eventi planetari dai Giochi Olimpici di Sydney 2000 e che, soprattutto, sembra avere un numero decisamente inferiore di scheletri negli armadi.

La GISO non ci sta. Il suo appello è destinato a cadere nel vuoto, a meno che alla sua voce non si aggiunga un coro che attraversi la terra da nord a sud, da est a ovest. La storia ci parla di alcuni boicottaggi celebri. Su tutti quelli dei giochi olimpici di Mosca del 1980. Per stigmatizzare l’invasione armata dell’esercito sovietico in Afghanistan, 65 paesi risposero alle sollecitazioni del presidente degli USA Jimmy Carter e non parteciparono ai Giochi. Nel 1984 ci fu il contro-boicottaggio da parte del blocco sovietico. Fu una pura rappresaglia. Erano gli ultimi scampoli di guerra fredda.

Oggi, la situazione è profondamente diversa. Dubito che una nazione calcisticamente forte possa trovare il coraggio di dire di no. Ci sono in ballo troppi interessi economici. Inoltre si devono fare i conti con la pressione da parte dei giocatori, che vedono nella Coppa del Mondo un palcoscenico prestigiosissimo e lucrativo, e del pubblico, che attende solo di esorcizzare i mali del nostro tempo con le emozioni di un inno, di un’azione, di un gol.

Comunque, grazie GISO. Era giusto provarci. Perlomeno affinché chi decide le sorti del grande calcio sappia fare ammenda, in modo da evitare in futuro sofferenze e prevaricazioni di cui possiamo fare a meno.