L’influencer gioca per sé

/ 06.06.2022
di Alessandro Zanoli

A distanza di dodici giorni dall’invito rivolto a Chiara Ferragni da Liliana Segre non sono state ancora segnalate risposte ufficiali della nota influencer italiana. Qualcuno dei nostri lettori avrà seguito la vicenda: il 19 maggio scorso, in occasione di una sua vista al Binario 21 di Milano (https://museobagattivalsecchi.org/binario-21/), il museo allestito alla stazione centrale di Milano per ricordare il luogo da cui sono stati deportati e indirizzati ai campi di sterminio centinaia di ebrei italiani, la Senatrice italiana Segre aveva espresso il desiderio che Ferragni e il marito Fedez visitassero il luogo della memoria e ne diffondessero la conoscenza tra i milioni dei loro «seguaci». La prima reazione alla proposta era stata proprio di quest’ultimo, che aveva invitato al contrario la Segre a partecipare al proprio video-podcast «Muschio selvaggio». Segre ha declinato l’offerta. A lei interessa proprio vedere entrambi i coniugi al Binario 21, in modo da poter contare sulla loro presenza per diffondere la conoscenza di questo luogo e delle sue implicazioni storiche e sociali.

Per combinazione, proprio in questi stessi giorni è apparso in libreria un interessante volume che potrebbe farci capire come andrà a finire la faccenda, ma, soprattutto, quali sono i meccanismi che regolano i rapporti tra influencer e l’ecosistema informativo che li circonda. Si tratta di una ricerca compiuta dal giornalista e direttore del quotidiano italiano «Domani», Stefano Feltri. Il suo Il partito degli influencer. Perché il potere dei social network è una sfida alla democrazia, edito da Einaudi, ci fornisce un approfonditissimo giro di orizzonte sul fenomeno e soprattutto cerca di individuare quei meccanismi nascosti che non tutti gli utilizzatori di social conoscono. L’attenzione di Feltri vuole essere apparentemente di stimolo e di suggerimento anche ai legislatori, affinché siano più chiare per loro le zone grigie tra informazione e pubblicità, in cui gli influencer si muovono. L’analisi di Feltri è utilissima per tutti noi, perché vuole abituarci a riflettere perlomeno su una questione: il successo degli influencer si basa sulla loro capacità di farci percepire come «autentica» la loro presenza comunicativa.

Pensiamo alle polemiche sorte in passato sulle prese di posizione di Fedez in materia di uguaglianza dei diritti: il rapper rivendicava la legittimità dei suoi attacchi all’establishment partitico. «Come libero cittadino posso dire quello che voglio» è il suo assunto principale. Proprio su questo dato punta la sua attenzione Feltri e ribadisce: gli influencer non sono veramente liberi di dire quello che vogliono, fanno volutamente del loro discorso un veicolo di propaganda unilaterale, condizionato dai loro contratti di sponsorizzazione. Analizzando nel dettaglio da questo punto di vista alcune delle attività dei Ferragnez e di altre conosciute personalità nel mondo dei social (quali Estetica Cinica o Giulia De Lellis) Feltri mette in luce un’attività in cui proprio l’autenticità delle scelte è perlomeno dubbia. Il grande numero di seguaci raggiunto dagli influencer è la loro dote e il lavoro più grosso è quello di mantenere la posizione di preminenza, cercando di non scontentare i fan, e di non scalfire il «capitale di persuasione» che fa gola ai loro sponsor economici.

«Quante persone del mio seguito mi criticheranno se accetterò l’invito?»: la domanda così pazzescamente cinica è proprio quella che, probabilmente, si sta ponendo la simpatica imprenditrice milanese (a cui il marito è sembrato correre in aiuto con un’offerta apparentemente compensatoria ma, vista da un altro punto di vista, in grado di smuovere vivacemente a suo vantaggio i contatori di visualizzazioni del suo podcast). Per tornare al saggio del giornalista italiano, la sua riflessione si muove un passo più in là: «Finché questi influencer con milioni di follower si dedicano soltanto a promuovere marchi di moda o cosmetici, i rischi sono contenuti, ma più si avvicinano alla politica o a temi sensibili, maggiori sono le conseguenze dello squilibrio di influenza». Il suggerimento di Feltri è che la legislazione cominci a considerare il modo in cui regolare certe dinamiche mediatiche. Possono muovere l’opinione pubblica in direzioni nuove e inaspettate: Capitol Hill insegna…